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Sulle Adriache lagune con usanza
Non dissentita dal Frullon Toscano;
455Poichè questi la frottola membrando,
Che tramandava ai secoli futuri
Il gajo Certaldese, e sì corriva
A creder la Lisetta, e pe’ notturni
Scandali camuffato e berteggiato,
460A mezzogiorno in piazza di san Marco,
Agnol pria, quindi Satiro, il mal frate,
Dice di quella bambola Lisetta,
Che femmina si fu di ca Quirina.
        Un dittongo vocabolo talvolta
465Lecito è usarlo dittongato e sciolto,
E v’han dittonghi, che mai scior non lice.
A questo giogo sottoporre il collo
Si contenti l’accorto sciaradista;
Chè vocaboli ei tratta, e manco d’arte
470Il viziar la sua materia fora.
Può dir quindi, il mio primo un popol cenna;
Venti e più capitana il mio secondo;
Traesti il tutto, o Apollo, (o del fier mostro,
Per la belletta del diluvio nato,
475Sterminator, come il tuo nome suona)
Dalla vagina delle membra sue,
Marsia indicando; e dir pote non meno
Il primo azzurra immensitade; l’altro
È voce, che il desio spinge sul labbro.
480Vorrei, se in questo ei titubi talvolta,
Che con notturna mano e con diurna
Non gl’increscesse squadernare i fini
Provvedimenti 1 di quell’alma schietta,
Che a te, Verona, gl’Insubri rapiro,
485Che non sol pinse, ne’ color sublimi
De’ veggenti di Dio, la paurosa
Folgore ed il pacato arcobaleno;

  1. I Dittonghi italiani d’Ilario Cesarotti.