Pagina:La secchia rapita.djvu/192

Da Wikisource.

DECIMO 179


XXXV.


Ah Dio! perchè fui donna, o non usai
     All’armi, al sangue anch’io la destra molle?
     Qui sfavillò di sì cocenti rai,
     284Che trafisse il meschin nelle midolle.
     Trema il cor come fronda: e tutto omai
     Fuor di ghiaccio rassembra, e dentro bolle.
     Vorria stender la man, vorría rapire;
     288Ma un segreto terror smorza l’ardire.

XXXVI.


Alfin con voce tremula risponde:
     Sorella mia, reina mia, dea mia,
     Andrò nel foco, andrò per mezzo all’onde,
     292E nel centro per voi, s’al centro è via.
     Lo scettro di mio padre in queste sponde,
     Con libero voler, tutto ho in balía:
     Disponetene voi come v’aggrada;
     296Che vostro è questo core e questa spada.

XXXVII.


Così dicendo, apre le braccia, e crede
     Strigner della sorella il vago petto:
     Ma l’amorosa Dea che ’l rischio vede,
     300Subito si ritira, e cangia aspetto.
     Nella forma immortal sua prima riede;
     E alzandosi nell’aria, al giovinetto
     Versa, al partir, dal bel purpureo grembo
     304Sopra di rose e d’altri fiori un nembo.

XXXVIII.


O bellezza del Ciel viva immortale,
     Dove fuggi da me? perchè mi lassi?
     Nè mi concedi almen, che in tanto male
     308Io possa in te sbramar quest’occhi lassi?
     Così parlava il giovane reale;
     E intanto rivolgea gli afflitti passi
     All’onda giù, dove l’attende il legno,
     312Disegnando d’armar tutto quel regno.