Pagina:La secchia rapita.djvu/83

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70 CANTO


LV.


Che vo’ far nuovi patti, e vo’ che lassi
     L’armi e l’insegne, e quanto egli ha da guerra;
     E ch’in farsetto e sotto un’asta passi
     444All’uscir della porta della terra.
     Così vi giuro: e non perdete i passi
     A tornar, se ’l partito non si serra;
     Perchè vi aggiugnerò pene più gravi,
     448Come son degni i loro eccessi pravi.

LVI.


Il Conte che tenea l’orecchie intente;
     Dicendo: Affè non mi ci coglierai,
     S’incominciò a scostar segretamente,
     452Finchè si ritrovò lontano assai.
     Pregava il guardian molt’umilmente;
     Ma non potè spuntar Gherardo mai:
     Onde tornò dolente al suo cammino,
     456Senz’altra inchiesta far di fra Stoppino.

LVII.


Poichè tornò, confuso e sbigottito
     Dalla fiera risposta, il guardiano,
     E narrò il tutto, e che se n’era gito
     460Il Conte e già poteva esser lontano;
     Si consultò s’era miglior partito
     Il ritorno aspettar del capitano,
     O pur coll’armi al ciel notturno e scuro
     464Tentar d’uscir dell’infelice muro.

LVIII.


Tutti lodar che s’aspettasse il Conte:
     Ma quando poi s’andò ben calculando
     Ch’ei non poteva aver le genti pronte
     P468rima che il nuovo sol fosse ito in bando,
     Si torser tutti e rincrespar la fronte,
     Dicendo che volean morir pugnando:
     Onde Guido, d’uscir fatto disegno,
     472Fe’ stare in punto ognun coll’armi a segno.