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La Sicilia nella Divina Commedia 17

te ricorda ancora la gran dote provenzale (Purg. XX, 61) portatagli dalla sua prima moglie Beatrice, e in altro luogo (ivi, VII, 128) il nome di questa ricompare assieme a quello della seconda moglie Margherita di Borgogna; altrove poi Carlo d’Angiò è detto non privo di virtù e chiamato dal maschio naso e nasuto (ivi, 113, 124), e di nuovo è menzionato a proposito del fatto di Provenzano Salvani (ivi, XI, 137)1.

Dopo i Vespri, la stirpe Aragonese sale con Pietro III (1282-85), marito di Costanza, la bella figlia di Manfredi (Purg. III, 114), sul trono di Sicilia; Dante chiama questo principe membruto, ed accordandosi colla storia, che l’appellò il grande2, dice di lui che

«d’ogni valor portò cinta la corda»,

facendone altresì spiccare le doti al confronto de’ suoi figli degeneri Giacomo II (1285-1296)3 e Federigo II (1296-1337), succedutigli nel reame dell’isola (Purg. VII, 112 sgg.).

Più largo campo concede il poeta alla storia contemporanea della Sicilia, conforme agli alti intendimenti politici, ai quali informò l’opera sua maggiore. E così egli ricorda la lotta tra Angioini e Aragonesi pel ricupero della Sicilia dopo i Vespri, toccando al proposito della prigionia e della liberazione di Carlo II d’Angiò, colui, che nella battaglia navale di Napoli (5 giugno 1284),



  1. Pel mal governo degli Angioini sopra il mezzogiorno d’Italia, vedi Purgat. XX, 80; Par. VIII, 76 sgg. e XIX, 127 sgg.; cfr. M. Amari, La guerra del vespro sicil., Milano, 1886, vol. I, pp. 107 sgg.; Riccio Minieri, Della dominazione angioina nel reame di Sicilia, Napoli, 1876; lo stesso, Il Regno di Carlo I d’Angiò, Firenze, 1875-81 e L. Cadier, Essai sur l’administrations du royamme de Sicile sous Charles I et II d’Anjou, Paris, 1891.
  2. G. Villani, VII, 103; cfr. l’opera cit. dell’Amari, vol. II, pp. 156-9.
  3. A proposito di questo principe e del suo zio Giacomo re di Maiorca, Dante dice che essi hanno vituperate le loro due corone (delle isole Baleari e d’Aragona) e tanto egregia nazione (Par. XIX, 137 sg.). Il Vigo (Op. cit., in Riv. sicula, vol. III, p. 62), sempre nell’intento di applicare alla sua Sicilia le allusioni dantesche, vede in quell’egregia nazione la nazione Siciliana; ma qui è piuttosto accennata la gloriosa famiglia, a cui appartenevano codesti due tristi re, conforme al significato di stirpe frequente negli antichi (cfr. Inf. I, 105; D. Compagni, III, 22 e M. Villani, III, 60).