Pagina:La sicilia nella divina commedia.djvu/28

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24 A. Mazzoleni

ta una nuova ipotesi a spiegare codesto golfo, messa fuori dal Del Noce1, secondo la quale Dante non alluderebbe al golfo di Catania, bensì a quello Jonio o di Servio, quel mare cioè che da Creta si estende sino all’Italia, l’Jonius Sinus ricordato da Virgilio (Georg. II, 105-108), passo che l’Alighieri dovette aver presente. Noi non possiamo accettare questa spiegazione per parecchie ragioni: e prima di tutto nel passo dantesco è ben definita la scena nella quale la Trinacria caliga, il che avviene tra Pachino e Peloro, sulla sponda cioè orientale dell’isola; ma siccome l’indicazione era ancor troppo generica, il poeta, a meglio stabilire il luogo che viene ingombrato dalla caligine del vulcano, vi aggiunse l’altra particolarità sopra il golfo che riceve da Euro maggior briga. Ora questo golfo sul quale si spande il fumo sulfureo, e che con l’articolo determinativo segue immediatamente a mo’ di determinazione alla frase più importante e generica che caliga tra Pachino e Peloro2, deve di necessità appartenere ed aprirsi nel litorale limitato da codesti due capi. Infatti la riviera orientale della Sicilia, come si può anche constatare gettando uno sguardo fuggevole sulla carta geografica, dal Capo Molini al Capo S. Croce presenta un più sensibile e vasto rientramento a forma di semicerchio e tale da essersi meritato il nome di golfo; in fondo ad esso siede Catania, che poi gli diede l’appellativo (sinus catanensis o cataneus). Maggior conferma riceve inoltre dal fatto che appunto questo golfo è di frequente e più che da ogni altro vento flagellato dall’Euro3, il vento di sud-est, chiamato anche dai poeti Vulturnus.

Ciò assodato, che cioè il golfo agitato dall’Euro deve appartenere e grammaticalmente e logicamente alla Trinacria, anzi a



  1. Nel primo dei Due studii danteschi, Firenze, Loescher, 1892.
  2. Che la frase sopra il golfo che riceve da Euro maggior briga sia un’aggiunta a mo’ d’interciso meglio determinante rilevasi dal v. 70, nel quale è continuato, anzi spiegato, il senso del caligare, lasciato come in sospeso nel v. 67.
  3. Vedi Vigo (in Riv. sicula, II, 496) e A. Stoppani, Il sentimento della Natura nella D. C., Milano, 1881, p. 31; cfr. A. Tassoni, Dieci libri di pensieri diversi, Venetia, 1627, p. 146 sgg.