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i colori degli antichi 141

carbonato di calce, e nel vaso riscontrò una creta ed un'argilla d'allumina finissima.

L'intensità degli azzurri dei colori antichi è varia secondo sir Davy, per la quantità maggiore o minore che contengono di carbonato di calce, però la base azzurra analizzata con processi analoghi a quelli di M. Chaptal, si mostrò costantemente dovuta a quel prodotto egiziano detto fritta di Alessandria, già descritto da Teofrasto, come scoperto da un re d'Egitto ed esclusivamente fabbricato in Alessandria.

In una stanza dei bagni di Tito rinvenne sir Davy un gran vaso di terra con grande quantità di colori gialli, riconoscendo in alcuni dell'ocria mista di creta ed ocria mista di minio. E ricordando due altri gialli descritti da Plinio che potrebbero corrispondere all'orpimento ed alla sandracca pallida, è del parere che si debbano ritenere come prodotti di calcinazione dell'ossido di piombo, ma dell'orpimento non trovò mai traccia, mentre d'un giallo d'ossido di piombo rinvenne traccia sopra un pezzo di stucco. Sulla muraglia d'una casa di Pompei e nelle « Nozze Aldobrandine » i gialli gli parvero ocrie gialle e rosse.

In diversi luoghi riscontrò dei bruni che ritenne ocrie calcinate; e dei neri, perchè non subivano alcuna azione dagli acidi e dagli alcali, e col nitro facevano deflagrazione, stimò che si mostravano con tutte le proprietà di una materia carbonifera pura. Nel vaso dei colori mescolati rintracciò un nero contenente ossido di ferro e dell'ossido di manganese. È evidente, secondo sir Davy, che gli antichi conobbero la miniera di manganese in seguito all'uso che essi facevano di colorire il vetro, ed egli esaminò a tal uopo dei vetri romani accertando che erano coloriti coll'ossido di manganese. Osserva inoltre che Plinio discorre di diverse ocrie brune e sopratutto di una proveniente dall'Africa, contenenti pro-