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Un secondo tema riguarda i rapporti vassallatici e feudali tra città, comunità, signorie e stati regionali. I lavori di Sergi, Comba e Bordone per il Piemonte e la Savoia, di Chittolini per il Ducato di Milano e Ticino, Stella, Bellabarba e Varanini per il Trentino, Tirolo e Veneto, hanno fatto emergere gli intrecci di una politica territoriale che si muove a ridosso delle Alpi e le inserisce in un quadro più complesso di strategie dinastiche e militari. A questo tema è pertanto intimamemte connesso quello della formazione delle aristocrazie, delle parentele aristocratiche, dell’inquadramento signorile ed il non facile rapporto tra organizzazione aristocratica e sistema cittadino. In questo quadro istituzionale va considerato il tema, forse centrale per la comprensione del sistema alpino, che riguarda la circolazione degli uomini, dei prodotti, delle conoscenze, delle culture che permette a queste regioni cerniera di essere anche un’area di civiltà. I fattori propulsivi possono essere talvolta esogeni all’area alpina, ma non va dimenticata la capacità di metabolizzazione, di adattamento, di rielaborazione di questi fattori da parte di un ambiente che appare meno chiuso di quanto non sembri nel cogliere gli stimoli utili al consolidamento di un equilibrio compatibile con i condizionamenti del territorio. Gli studi, pertanto, sembrano aver allargato la prospettiva dell’area di transito, e conseguente attenzione alla «Passpolitik», ma hanno individuato nella circolazione delle élites aristocratiche e mercantili, nei flussi di migrazione non solo nord-sud, ma trasversali all’area montana, nella produzione e nella commercializzazione non solo di transito delle merci, un punto consistente per la formazione di quella complessa e sedimentata cultura alpina, così ricca e così sfuggente.

Sul piano economico le ricerche hanno inevitabilmente privilegiato il settore dell’agricoltura, data l’innegabile ruralità dell’ambiente. Molto si è lavorato sulla distribuzione del possesso fondiario, confermando quel quadro, così monotono e ricorrente in quasi tutte le zone di montagna, del piccolo possesso individuale e del grande patrimonio collettivo. L’analisi dell’organizzazione agricola si è prevalentemente concentrata sulle aree di fondovalle, certamente più dinamiche, che consentivano la coltivazione di quei prodotti mercantili, dalla vite al gelso, così preziosi nella bilancia economica sia familiare che regionale. Meno studiato è l’ambiente di media e di alta montagna, con la sua peculiare economia. Soprattutto appare trascurato il settore silvo-pastorale. Poco sappiamo sull’allevamento del bestiame grosso e piccolo, con i suoi cicli stagionali di transumanza e di monticazione, così come è ancora da approfondire il tema dello sfruttamento del bosco e della selva - qualcosa si è

coppola: temi e problemi di storiografia delle aree alpine 37