Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/137

Da Wikisource.
108 capo iii

cose. Poichè Sozione, nella Successione dei filosofi, dice, ch’e’ fu accusato d’empietà da Cleone, per aver chiamato il sole una massa candente per fuoco; e che difeso dal suo discepolo Pericle, fu condannato in cinque talenti ed all’esiglio; ma Satiro, Nelle vite, che fu accusato da Tucidide ch’era, nei governo, del partito opposto a quello di Pericle; e non solo di irreligione, ma anche di tradimento, ed assente fu sentenziato a morte. E che quando ad un tratto gli fu annunziata la sentenza e la morte dei figli, per riguardo alla sentenza disse, che certo e gli accusatori e lui da gran tempo la natura avea giudicati, per riguardo ai figli, che e’ sapeva di averli generali mortali. Alcuni riferiscono ciò a Solone, altri a Senofonte; e questi avergli anco seppelliti colle proprie mani raccontasi da Demetrio Falerco nel suo libro della Vecchiezza. Narra Ermippo Nelle vite, che chiuso in carcere per essere posto a morte, Pericle presentatosi, domandò se avevano qualche cosa da rimproverargli circa la sua condotta; e nulla avendo risposto: Ed io, soggiunse, sono suo discepolo! non vogliate adunque, eccitati dalle calunnie, perdere quest’uomo, ma persuasi da me rilasciatelo. E fu rilasciato. Che però non comportando l’affronto, s’uccise da sè. E Geronimo, nel secondo de’ suoi sparsi Commentarj, dice che Pericle lo condusse innanzi al tribunale esausto e dimagrato da malattia in modo che per compassione, più che per altro, fosse dimesso il processo. E le cose intorno la sua condanna sono coteste. — Si tenne poi ch’e’ serbasse inimicizia con Democrito, perchè si rifiutò di conversare con lui.