Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/159

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128 capo vi.

famigliare un nomato Prosseno, nativo di Beozia, discepolo di Gorgia leontino, amico di Ciro. Costui, dimorando in Sardi presso Ciro, scrisse ad Atene una lettura a Senofonte, invitandolo ad essere amico di Ciro. Mostrò egli la lettera e chiese consiglio a Socrate, il quale lo mandò a Delfo perchè consultasse l’oracolo. Obbedisce Senofonte; va dal dio; lo interroga, non se debba andare da Ciro, ma in che modo. Della qual cosa veramente Socrate gli fece rimprovero; ma il consigliò di partire. Ed ei venuto presso Ciro non gli fu caro meno di Prosseno. Ond’è che di quanto avvenne nella spedizione e nel ritorno convenevolmente ci ragguagliò.

VI. Fu nemico di un Mennone di Farsaglia condottiero di soldati stranieri, al tempo della spedizione, cui disse contumelia perchè abusava di fanciulli maggiori di lui. E anchè rimprocciò un Apollonide perchè avea forate le orecchie.

VII. Dopo la spedizione e le sventure accadute nel Ponto, e la fede dei trattati rotta da Seuto re degli Odrisii, venne in Asia ad Agesilao re dei Lacedemoni, mise a suoi stipendj i soldati di Ciro, e gli fu caro oltremodo. Allora gli Ateniesi lo condannarono all’esilio, per essere del partito lacedemone. Recatosi ad Efeso, avendo del danaro, ne diede una metà a Megabise sacerdote di Diana, da serbare finchè fosse tornato; quando che no, se ne facesse una statua da innalzare al nume: l’altra metà spediva in obblazioni a que’ di Delfo. Di là venne con Agesilao in Grecia, chiamatovi dalla