Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/207

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174 capo xvii.

consegnasse la città, accusato da Aristodemo, si sottrasse e si pose a dimora in Oropo nel sacrato di Amfiarao. Colà, al dire di Ermippo, perdutesi le tazze d’oro, per comune decreto de’ Beozi, gli fu ingiunto di andare altrove. Dopo, abbattuto d’animo, s’introdusse furtivamente in patria, e prendendo la moglie e le figlie, venuto presso Antigono, finì la vita di scoramento. Tutto al contrario racconta Eraclide, che mentre era capo del Consiglio degli Eretriesi, avea spesse volte liberato la città da coloro che tentavano condurvi Demetrio per tiranno; ch’e’ dunque non voleva dare a tradimento la città ad Antigono, ma era stato colpito da una falsa accusa; che ito presso Antigono, per voglia di liberare la patria, e non potendovelo indurre, di abbattimento, astenendosi sette giorni dal cibo; era morto. — Cose simili a queste narra anche Antigono caristio. — Col solo Perseo ebbe guerra accanita; poichè sapevasi che volendo Antigono, in grazia di Menedemo, ristabilire la democrazia in Eretria, colui ne lo avea impedito. Il perchè un giorno Menedemo, in uno stravizzo convintolo con argomenti, gli disse fra l’altre cose: È bensì filosofo costui, ma uomo fra quanti sono e saranno cattivissimo.

XVIII. Morì, secondo Eraclide, nel settantesimo quarto anno di vita. — E v’ha per lui questo nostro epigramma che dice così:

     Il tuo morire ho udito, Menedemo,
        Che ti spegnesti volontario, il cibo
        Sette dì rifiutando! Eretric’opra