Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/243

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210 annotazioni.

esservi insensibile. — Pare che in qnesta dottrina di Stilpone non si tratti dell’uomo, ma del supremo bene, o del bene, che è, secondo Euclide, il solo bene; bene che Stilpone poterà chiamare lo spirito esente da ogni dolore, in quel modo ch’Euclide lo chiamava Dio. Che se Stilpone considerata questo sommo bene come fine dell’uomo, e fors’anche fingevasi l’uomo saggio esente da ogni dolore, si può dire che allora egli era trascinato da questa dottrina della sua scuoia, che il sensibile, in generale, e per conseguenza anche il dolore, realmente non esiste; donde si può conchiudere che più l’uomo è buono e saggio, più ancora è inaccessibile al dolore. Espressione di una morale severa ch’esce egualmente bene dall’opinione di Stilpone, che il fatto altrui, pur di chi ci è più prossimo, non può alterare la nostra felicità.

III. La cortigiana Nicarete. — Era, al dire di Ateneo, nata di famiglia illustre, per coltura, amabilissima e discepola di Stilpone.

V. Non un dio, ma una dea. — [testo greco], come Deus, è d’ambo i sessi; e [testo greco], ortus, orto, tanto in greco, che in latino, e in italiano, usurpatur, dice Menagio [testo greco].

VI. Ciò che era mente e mantello. — Giuoco di parole od equivoco che nasce dal pronunciarsi in vece di [testo greco], mantello nuovo, [testo greco], mantello e mente.

VII. Toglieva di mezzo le specie. — [testo greco]. — „Pare che La dottrina logica di Stilpone fosse in armonia colla sua morale. A lui si attribuisce l’opinione sofistica, che da una cosa non si saprebbe affermarne un’altra, perchè una cosa non è simile ad un’altra. Diceva Euclide, non esservi che ciò che è simile a sè stesso che sia buono e vero, e che il paragone dell’uno coll’altro non è possibile. Ciò che, per conseguenza, rendeva impossibile la spiegazione