Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/337

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302 capo primo

V. È fama che lo udissero anche le discepole di Platone Lastenia mantinica e Assiotea fliasia, perchè Dionisio dice, scrivendogli mordacemente: E da un’Arcade tua scolara si può apparare filosofiaE Platone, senza mercede, giovava coloro che ne frequentavano la scuola; tu invece esigi una tassa e pigli da chi dà e volontieri e contro grado.

VI. Primo costui, al dire di Diodoro nel primo de’ Commentarii, osservò, nelle scienze, ciò che aveano di comune, e per quanto fosse possibile le congiunse fra loro; primo, come afferma Ceneo, rese pubbliche quelle cose che Isocrate appellava arcane; e primo trovò il modo di fare con minuti legni ben capaci vaselli.

VII. Avendo già da paralisi offeso il corpo, mandò per Senocrate, invitandolo a venire e a succedergli nella scuola.

VIII. Narrasi che condotto sovra una carretta all’Accademia, s’abbattè in Diogene, e dettogli: Salve — costui gli rispose: ma non già tu per altro che sopporti in questo stato la vita.

IX. In fine dallo scoramento, essendo già vecchio, tramutò deliberatamente la vita colla morte. E su lui v’ha di nostro:

     Se appreso io non avessi che Speusippo
        Morto è così, nessuno a raccontarlo
        Persuaso m’avrebbe: chè non era
        Col sangue imparentato di Platone
        Chi scorato moria per cosi poco.

Racconta Plutarco nella vita di Lisandro e di Silla a-