Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1842, I.djvu/360

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arcesilao 325

gni di sregolatezze, sè essere bensì volonteroso di aprire, ma opporvisi l’altro.

XVII. Furono suoi amatori e Democare di Lachete, e Pitocle il figlio di Bugelo; cui esso accoglieva, dicendo di aver solo pazientemente accondisceso. I prefati adunque e lo mordevano per questo, e lo beffavano perchè dedito alla plebe e ambizioso. — In particolare poi lo accusarono presso Geronimo il peripatetico, allorchè convocò gli amici il giorno d’Alcione figlio di Antigono, nel qual giorno molti danari spediva Antigono perchè si facesse tempone. In quello, cansandosi sempre dalle questioni che si fanno tra i bicchieri, e proposta da Aridelo non so quale speculazione, e richiesto di farvi sopra discorso, disse: Ma questo stesso più che tutto è proprio della filosofia, sapere il tempo di ciascuna cosa. — In quanto alla taccia di essere amico della plebe, Timone, fra l’altre cose, dice anche in questo modo:

     Così dicendo in mezzo al circostante
     Popolaccio cacciossi; il quale a guisa
     D’uccelletti dintorno alla civetta
     Fa meraviglie al suo mostrarsi stolto.
     Non è gran cosa, misero, alla plebe
     Piacer. Perchè ti gonfi come pazzo?

XVIII. Ciò non pertanto era modesto sino ad esortare i discepoli a udire anche gli altri. Ed un giovine da Chio, al quale non piaceva la sua scuola, ma quella del detto Geronimo, condusse ei stesso e raccomandò a quel filosofo, esortandolo a portarsi bene. — Si tiene