Pagina:Laerzio - Vite dei filosofi, 1845, II.djvu/371

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350 annotazioni

Dichiaravano gli Scettici di non voler altro esprimere con ciò, salvo lo stato della loro anima ([testo greco]), al quale doveano conformarsi come uomini, non come filosofo. Essi non potevano testimoniare che del solo fatto ch’e’ trovavamo dentro di loro, e che dovevano stabilire come un fenomeno; poichè i fenomeni avevano per essi una forza irresistibile. — Rimane la terza questione (conseguenze sensibili di questi rapporti), cioè di sapere qual sia lo stato di colui che si astiene da ogni giudizio sulle cose; lo che concerne allo scopo morale della loro dottrina. Egli è astenendoci da ogni giudizio che possiamo procacciare la felicità; poichè la sospensione di ogni giudizio è naturalmente seguita dalla fermezza costante dell’anima, che l’accompagna come un’ombra. Quegli che una volta ha abbracciato lo scetticismo vive ognora tranquillo, senza inquietudini, di una disposizione di spirito sempre eguale, non curando i terrori della saggezza col suo linguaggio seducente. La folla degli uomini è soggiogata dalla disposizione passiva ([testo greco]) dell’anima, da opinioni, da vane leggi; ma il sapiente non pronuncia su nulla, e, nel suo stato di calma non considera nulla nè come un male, nè come un bene; ei si sente libero da tutti i movimenti passionali, che non fanno che turbare la felicità ec. — A Pirrone si ascrive la dottrina che stabilisce non essere differenza tra salute e malattia, tra vita e morte; egli erasi posto alla difficile impresa di spogliare sè stesso, per quanto si potea, della natura umana. Gli Scettici avevano dunque per iscopo nella loro morale di opporsi ai movimenti dell’anima, mentre nella scienza vi s’abbandonavano intieramente. Increscevole contraddizione! che però doveano costoro modificare in pratica, non potendo dissimularsi l’impossibilità di essere affatto indifferenti in ogni cosa ec. Quindi si abbandonavano, nella vita pratica, all’abitudine del modo di agire, alla necessità d’una