Pagina:Lando - Paradossi, (1544).djvu/33

Da Wikisource.

DE PARADOSSI 13

desimo fecero anchora nella primitiva Chiesa, molte savie verginelle, delle quali fassi percio da buoni Christiani si gloriosa mentione, non farebbono gia cosi le femine de nostri tempi, anzi havendogli Iddio fatto si bella gratia d'esser brutte, esse proccacciano con peregrine foggie, con biacca, con lisci, con olii, con pezzuole, spelandosi, strisciandosi, fruttandosi, d'apparer belle, et che nasce poi finalmente da questa tanta industria? non altro certo, che peccato, morte, et ira d'Iddio: Vadisi adunque et la momentana bellezza disidrisi (se lo merita) che a me pare più tosto da fuggir, che da seguire, conciosia che dalla bellezza nasce l'orgoglio, germoglia l'alterezza, et con altere corna ne sorge la soperbia. Io per me, da che incomincia a saper distinguere la verita dalla bugia, fui sempre di questo parete, che piu fussero da prezzare le donne brutte, che le belle, ne senza ragione il dico, perche le brutte sono piu caste, piu humili, piu ingegnose et hanno maggior gratia, le belle piu altiere, meno stabili, et de modi piu schifi: piene di losenghe et di smancerie. meglio e adunque l'esser brutto che bello, niuno me lo nieghi, et niuno a questo mi s contrapunga, che lo faro bugiardo rimanere col testimonio di Socrate, il qual diceva, che la bellezza era un tiranno di picciol tempo, col testimonio di Teofrasto che scritto ci lascio non altro essere la belta che un tacito inganno, et se questo non gli sia