Pagina:Le aquile della steppa.djvu/128

Da Wikisource.
122 Capitolo quattordicesimo.

pezzi d’artiglieria che guarnivano, insieme ad un certo numero di falconetti, i ridotti della cittadella.

Come tutte le città turchestane, aveva un gran numero di moschee con altissimi minareti, spaziosi bazar, una salda cittadella, bellissimi giardini; ma le sue case basse, ad un solo piano, coi loro muri di terra battuta, dello spessore d’un metro, coi tetti sorretti da travicelli e di canne impastate di creta, le davano un aspetto piuttosto miserabile. Solo il palazzo del bey a più piani, con vaste gallerie e terrazze di stile mezzo chinese e mezzo mussulmano, risaltava colla sua mole maestosa, in mezzo a quel caos di casupole che le piogge di quando in quando sgretolavano e scioglievano.

Nel momento in cui i cinquanta cavalieri irrompevano sotto la porta di Ravatak, slanciandosi a gran galoppo attraverso le vie con Hossein, Abei e Tabriz alla testa, una viva emozione regnava nella città.

Uomini a cavallo ed a piedi s’incrociavano in tutte le direzioni, urlando ferocemente e agitando forsennatamente fucili, scimitarre jatagan e kangiarri, mentre schiere di donne e fanciulli fuggivano pei giardini, spingendosi innanzi, a legnate, bande di cammelli e greggi innumerevoli di montoni.

In tutte le case echeggiavano grida e bestemmie e sulle terrazze rimbombavano colpi di fucile, sparati a casaccio contro un nessun nemico invisibile, poichè nessun russo fino ad allora si era mostrato, nemmeno dietro alla cavalleria di Djura-bey, che si rifugiava in pieno disordine verso la città, fra un tumulto spaventevole.

— Al bazar! — gridò Tabriz ai suoi uomini. — Andiamo a prendere possesso del caravanserraglio. —

La truppa attraversò, sempre al galoppo, la parte meridionale della città, non senza aver travolto più d’un fuggiasco e si fermò su una vasta piazza, in parte coperta da immense tende ed ingombra di banchi completamante vuoti, poichè tutti i rivenditori erano scappati, portandosi via le loro preziose merci.

Tabriz dopo d’aver dato uno sguardo all’intorno, s’avviò verso un massiccio fabbricato, che si ergeva in un angolo della piazza e che aveva parecchie porte.

— Occupiamo il caravanserraglio, innanzi tutto — disse a Hossein che lo interrogava collo sguardo. — Aspettiamo che si ristabilisca un po’ di calma, prima di andare a far visita a Djura-Bey.