Pagina:Le aquile della steppa.djvu/27

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La tenda del «beg». 21

In quell’istante Tabriz si alzò rapidamente, trattenendo i cani che mugolavano e che parevano pronti a lanciarsi nella steppa.

— Che cos’hai? — chiese il beg che si era subito accorto di quella mossa improvvisa.

— È il vento che sussurra o sono veramente i dolci suoni della guzla, quelli che giungono ai miei orecchi? Chi può essere l’uomo che con una simile notte si diverte a provare la chitarra in mezzo alla steppa?

Aveva pronunciate appena quelle parole, quando il grosso levriero mandò un forte latrato.

— Odo anche il galoppo d’un cavallo, — disse Tabriz. — Che sia qualcuno della carovana? —

Hossein prese, senza parlare, il suo lungo fucile che aveva deposto su un cofano e l’armò.

— Che cosa fai? — chiese il beg.

— Può essere un’Aquila della steppa, padre, — rispose il giovane, raggiungendo Tabriz, che cercava di discernere qualche cosa fra quella cupa tenebra.

— Sì, è un cavallo, — disse il gigantesco turcomanno, — e mi pare che il galoppo provenga da occidente. Guarda, padrone, lo vedi? —

Sulla cupa linea dell’orizzonte che un lieve bagliore prodotto da qualche lampo lontanissimo di quando in quando rischiarava, si scorse un cavaliere che giungeva a corsa sfrenata.

— Chi vive? — gridò Hossein puntando il fucile.

Una voce che il vento portava rispose subito:

— Abei Dullah.

— Mio cugino! — esclamò Hossein. — Perchè ha abbandonato la carovana che porta i regali di nozze per Talmà? Che le Aquile della steppa l’abbiano assalita? —

Il cavaliere che s’avanzava velocissimo, facendo fare al suo destriero dei salti straordinari, per evitare le spaccature del suolo, in pochi momenti giunse presso la tenda, poi, da abilissimo cavallerizzo, con un salto fu a terra.

— Buona ventura, Hossein, — disse, — mentre Tabriz arrestava il cavallo. — Nostro padre veglia ancora?

— Non si dorme alla vigilia d’un matrimonio, — rispose Hossein. — E poi io devo preparare le mie armi.