Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/418

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capitolo ottavo. 391

sarebbe segno di ottima indole, di animo docile e grato; ma non vi riescireste. L’amore è un’erba spontanea, non una pianta da giardino. — Carlino, il vostro cuore è vuoto di affetti famigliari come quello d’un trovatello. È una gran sciagura che scusa molti falli... intendiamoci, figliuolo! li scusa sì, ma nè ci libera dal dovere di purgarli, nè ci abilita per nulla a indurirvisi! A questa sciagura si cercano rimedii istintivamente durante la prima età. E un buon angelo può fare che si imbrocchi giusto!... Ma spesso anche la sorte avversa, la cecità fanciullesca ci fanno trovare veleni invece di rimedii. Allora, Carlino, appena la ragione cresciuta se ne accorga bisogna cambiar vaso, e abbandonare quella cura fallace e nociva per appigliarsi alla vera. Voi avete diciotto anni, figliuolo; siete giovane, siete uomo. Non avete, non potete avere un affetto certo, santo, legittimo che vi occupi degnamente il cuore, perchè nessuno ve ne ha insegnate fin qui le fonti, nè annunciate la necessità!... Io forse primo vi parlo ora la voce del dovere, e non so quanto gradito...

— Seguiti pure, seguiti, padre. Le sue parole sono quelle di cui i miei pensieri andarono in cerca senza pro ai giorni passati. Mi sembra di veder farsi giorno nella mia mente, e stia sicuro che avrò il coraggio di non distogliere gli occhi.

— Bene, Carlino! Avete mai pensato che voi non siete solamente uomo, ma sibbene ancora cittadino, e cristiano? —

Questa domanda, fattami dal padre con piglio grave e solenne, mi conturbò tutto; quello che volesse dire e che cosa importasse l’essere cittadino, io nol sapeva affatto; quanto all’essere cristiano, io non avrei messo punto in dubbio che lo fossi, perchè nella dottrina mi avevano avvezzato a rispondere di sì. Rimasi adunque un po’ perplesso e confuso, poi risposi con voce malferma.

— Sì, padre, so di essere cristiano per la grazia di Dio.