Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/41

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che non avea mai parlato, alzò il capo per fulminar d’una occhiata l’imprudente oratore.

— Ben detto; — riprese tuttavia Lucilio; — ma dovevi dire, vengano a risparmiarci un altro secolo di torpore uguale ai decorsi e con diverse apparenze. Vengano a scuoterci, a spaventarci, a farci vergognare di noi, a sollecitare colla paura della loro tirannia lo svegliarsi operoso e sublime di nostra libertà!... Ecco quello che dovevi aggiungere!... Se noi saremo tali da prenderli per emuli non per padroni, lo sapremo di qui a qualche mese. Villetard ne dubita, e ne teme, e ciò mi fa supporre che più in alto di lui si desideri altrimenti!

— Che importa questo? — lo interruppe Amilcare. - Noi rispettiamo le tue parole, cittadino Vianello, ma sentiamo i nostri polsi intolleranti di schiavitù, e ci ridiamo di Villetard e di chi sta sopra lui, come ci ridiamo di San Marco, degli Schiavoni e del procurator Pesaro! —

Lucilio stornò la mente da tali considerazioni, forse troppo tristi o tardive per lui, e si volse a me con un fare quasi paterno.

— Cittadino Altoviti, — egli disse — vostro padre si è adoperato moltissimo a vantaggio della libertà; gli si deve una ricompensa ch’egli vuol cedere a voi. Non se gli avrebbe badato, se la vostra indole e la vostra condotta non davano lusinga di veder continuati in voi gli esempi famigliari. Voi siete uno dei membri più giovani del Maggior Consiglio, siete uno fra i pochi, anzi fra i pochissimi che voterete per la libertà non per codardia ma per altezza di animo. Vi notifico adunque che foste scelto per primo segretario del nuovo governo. —

Un mormorio di maraviglia dei giovani lì presenti accolse tali parole.

— Sì, — proseguì Lucilio: — e chi ha speso qualche milione a Costantinopoli per volgere la Turchia a danno della