Pagina:Le dicerie sacre.djvu/353

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344 ! t Culo, jgnitore d’vn Ré magnammo . Tù affrontatole d’rn Cinghiale feroce , quefti affai tore d' ?n Dnce.mdomito. Setù atterrarti il Dragone, cogliendole le poma dell’orto Hcfper/o, quefti mifeà terra l’Auaritia , difpenfando 1’ oro de’tuoi Tefori . Setù ragg-ugnefti rn*_j Cerna fiiggitiua , quefti pofe in foga la viltà timorofa . Se tu domarti Cacco , che depredai» gli armenti, quefti impedi la rapina , che inetteua à rubba i villaggi. Se tu fpezzafti il feornoad Acheloo , che io mille guifefitraf- formaua , quefti ruppe i difegni al Tradimento , che con mille frodi l’infidiaua . Se tu fiaccarti l’orgoglio à Gerione , che hauea tré corpi, & à Cerbero , che hauea tré tefte -, quefti contiaftette a quel triplicato nemico dell'buo- mo , che con tré gole procura di diuorsrJo . Porto termine à quefti miei paragoni col ter* mine delle tue fatiche, poiché come tu penefti •Ha nauigatione l’eftreme mete , cosj quefti hà preferite! gli virimi confini alla gloria, e come tu purgato dalla fiamma forti ftellificato in cielo, cosiquefti immortalato dalla Virtù é flato deificato in terra . Ma che ; doue mi lafciò io rapire dall’impetodi si copiofa materia ? Hora mi auueggoeffermicome àcoluiauuenuto , il quale à cafoentra à tentar co’ piedi il lido del mare , poiché inefperto nuotatore pian piano nelTampiezza di si vafte Iodi attuffàtomi, fento d’horain hora dall’abbondanza di nuoue onde foprafarmi , e quanto pili nel gorgo di que- ft’alto , e profondo pelago procedo innanzi , tanto più crefce il fuggetto del mio dire, che pur dianzi porgendomi piano, e libero il guado, fjpcdico,e facile mi pareua. Adunque per non