Pagina:Le dicerie sacre.djvu/51

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i La P i t r r r a huomo con la fua virtù cffcctrice l'impronta j della propria fembianza. Signatum t(l fuptr noi lumen vultns fui Domini, acc.oche da si tatto carattere fi pollano per noi, & il fuo do* minio, e la fua tacc a inficine riconofcer«_i. E fe tanto quefta gemma è nella ftima di Dio; hot quanto più ftimar la dcoono gli huomini t Furono in grandiffimo prezzo appo gli antichi quelle due tamofe pietre , 1' agata di Pirro; e lo fmeraldo di Pol'cratc,per cfTcte huorate_j di fottiliffimo intaglio. Ma quanto più hà da cflere apprezzato da noi quefto gioiello im- prontato di sì bella , c sì notabile impresone t Prohibiuafi ne’ fimboli Pitagorici il portare^ imprelta l'imagmedi Dio nell’anello, accio* che per la fouerchia frequenza non fi vcnifTej «d auuilire. Ma quanto piiY fi vuole hauer riguardo à quella,che dentro l’anima noftra portiamo , perche nel tango del peccato, e nelle fozzure del fenfo non s’imbratti, onde perdaci la diuina fomiglianza, tirando alla fomiglianza de’bruti. Compttratus tfl iumentis infipUn. tiius , & fimilis f*cìus tfl illis. Quefta è la «asfotmatione de’corapagni d‘ Vlifle in fiere, . Quefta è la metamorfofi de gl’Iddij in beftie, lamentar» fjilitts/um apud te , miticamente intefa per coloro, che dati totalmente in preda della fenfualità, fottomertono all’appetito la ( Jagione. Notile fitti fieut tquus, & mulus, [ quibus non tfl inttUtclus. Quefta (per mio ! , amfo ) c la Pahngenefia, e Ja metetnpficofi Pitagorica, e platonica, cioè adire iltrap- paftamenco dell'anime noftre alla natura beftiale .Non parlo della efteriore.la qual fisi elTcr tal fa, tauol ota, & iinpoffibile , percioche