Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/231

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udite. Sopra tutto stavagli a cuore di sapere chi fosse Zobeide, qual motivo la spingesse a maltrattare le due cagne nere, e perchè avesse Anima il seno a cicatrici. Comparve il giorno, ed egli era ancora assorto in quei pensieri; alzatosi, si recò nella sala di udienza e sedè sul trono.

«Poco dopo arrivò il gran visir, e resegli omaggio secondo il solito. — Visir,» il re gli disse, «gli affari che dovremmo discutere al presente non sono molto urgenti; quello delle tre dame e delle due cagne nere lo è di più. Non m’acqueterò se non sono pienamente edotto di tante cose che m’hanno sorpreso. Partite, e ricordatevi che aspetto con ansietà il vostro ritorno.

«Il visir, che conosceva il carattere vivo ed ardente del suo signore, s’affrettò ad obbedirgli. Corse dalle dame, ed espose civilmente l’ordine che aveva di condurle dal califfo, senza per altro far motto di quanto era accaduto la notte in casa loro. Coprironsi le dame dei veli e partirono col visir, il quale, passando da casa sua, prese i tre calenderi, che intanto erano venuti in cognizione d’aver parlato col califfo senza conoscerlo. Il visir li condusse a palazzo, ed eseguì il suo incarico con tanta sollecitudine, che il monarca ne fu soddisfattissimo. Per salvare le convenienze davanti a tutti gli ufficiali della casa, colà presenti, fe’ il principe situare le tre dame dietro alla portiera della sala che conduceva al suo appartamento, e trattenne presso di sè i tre calenderi, i quali, col loro rispetto, fecero ben conoscere di non ignorare davanti a chi avessero l’onore di comparire.

«Quando le dame furono sedute, il califfo si volse a loro e disse: — Signore, dicendovi che stanotte io m’introdussi in casa vostra travestito da mercante, senza dubbio vi spaventerò; temerete di avermi offeso, e crederete forse che non v’abbia fatto