Pagina:Le mille e una notti, 1852, I-II.djvu/441

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giusto,» essa ripigliò, «che abusassi della vostra gentilezza.» E sì dicendo, mi pose in mano il denaro, e sedè vicino a me.

«Allora, approfittando dell’occasione che aveva di conversar seco, le parlai dell’amore che sentiva per lei; ma essa si alzò e lasciommi bruscamente, quasi risentendosi molto offesa della mia dichiarazione. La seguii cogli occhi fin ch’io la potei vedere, e perdutala di vista, m’accommiatai dal mercante, uscendo dal bezestin senza sapere ove andassi. Stava pensando a quell’avventura, quando sentii tirarmi per l’abito: mi volsi subito per vedere chi fosse, e con piacere riconobbi la schiava della dama, onde aveva occupato lo spirito. — La mia padrona,» mi disse, «che è quella giovane, alla quale testè parlaste nella bottega d’un mercadante, vorrebbe dirvi una parola; se non vi dispiace, fatemi il favore di seguirmi.» Seguitala, trovai in fatti la sua padrona che mi aspettava nella bottega d’un cambiavalute.

«Mi fe’ sedere vicino a lei, e prendendo la parola: — Mio caro signore,» disse, «non vi faccia maraviglia se vi ho lasciato, un po’ bruscamente: non ho stimato opportuno di rispondere favorevolmente, davanti a quel mercante, alla dichiarazione che mi faceste dei sentimenti, che v’ispirai. Ma ben lungi dall’offendermene, confesso che mi compiaceva all’udirvi, e stimavami assai felice d’aver per amante un uomo del vostro merito. Io non so qual impressione la mia vista abbia potuto fare su di voi; ma quanto a me, posso assicurarvi che, vedendovi, mi sono sentita molta inclinazione per voi. Fin da ieri non ho fatto che pensare alle cose che mi diceste, e la mia premura di venirvi a cercare sì di buon’ora, deve provarvi che non mi dispiacete. — Signora,» ripresi allora io, trasportato d’amore e di gioia, «nulla m’è più grato di quanto avete la bontà di dirmi. Non si