Pagina:Le mille ed una notti, 1852, III-IV.djvu/256

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di mille baci. Quante lagrime furono sparse in quegli amplessi! Ganem ne aveva tutto il volto coperto, al pari della madre e della sorella, e Tormenta ne versò pure in gran copia. Il sindaco stesso e sua moglie, inteneriti da quello spettacolo, non poterono frenare le proprie, nè saziarsi di ammirare le segrete vie della Provvidenza, che raccoglieva in casa loro quattro persone, dalla fortuna sì crudelmente divise.

«Quando tutti ebbero asciugate le lagrime, Ganem ne strappò di nuove facendo l’esposizione di tutto ciò che aveva sofferto dal giorno in cui erasi staccato da Tormenta, sino al momento nel quale il sindaco lo fe’ portare a casa sua. Narrò come, essendosi rifuggito in un picciol villaggio, vi cadde infermo; che alcuni caritatevoli contadini avevano preso cura di lui, ma non potendo guarire, un condottiero di camelli erasi incaricato di condurlo allo spedale di Bagdad. Tormenta raccontò anch’essa tutte le pene della prigionia; come il califfo, avendola intesa parlare nella torre, l’avesse fatta condurre nel suo gabinetto, e con quali discorsi si fosse giustificata. Finalmente, quando ciascuno ebbe narrate paratamente le cose accadutegli, Tormenta soggiunse: — Benediciamo il cielo che ci ha tutti riuniti, e non pensiamo se non alla felicità che ne attende. Appena la salute di Ganem sarà ristabilita, bisognerà ch’egli comparisca davanti al califfo con sua madre e la sorella; ma siccome non sono in istato di mostrarsi, vado subito a disporre il necessario; vi prego di aspettarmi un momento. —

«Così dicendo, ella uscì, andò al palazzo, ed in breve tornò con una borsa, contenente altre mille pezze d’oro, che diede al sindaco, pregandolo a comprar abiti per Forza de’ Cuori e per sua madre. Il sindaco, uomo di buon gusto, ne scelse di bellissimi, e li fece fare colla maggior diligenza, talchè trovaronsi pronti in capo a tre giorni, e Ganem, senten-