Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/156

Da Wikisource.

144


l’ordine questa casa. — Chi v’ha mandati? — Vostro genero. — Qual è la professione di mio genero? — Non lo sappiamo. — Ma come si chiama? — Il Bondocani.» La vecchia, non sapendo più dove si trovasse, e quasi impazzendo, pensò fra sè: — Mio genero, il ladrone, è un uomo ben formidabile, giacchè, costoro lavorano soltanto pel timore che inspira, e tutti questi operai ne hanno tal paura, che niuno d’essi oserebbe dire qual ne sia la professione. —

«Poco dopo giunsero i pittori e gl’imbiancatori colla calce, il gesso e gli arnesi necessarii. Gl’imbiancatori fanno la mistura, innalzano ed appoggiano le scale, e si mettono in numero di quattro o cinque davanti ad un muro; dietro ad essi lavorano i pittori.

«La sorpresa della vecchia era sì grande, che ne perdeva la ragione. — Mio genero,» disse alla figlia, «è obbedito puntualmente; questi operai ne hanno gran timore: altrimenti come potrebbe far tante cose in un sol giorno? Un altro non le farebbe eseguire in un anno. Peccato non sia altro che un malandrino. —

«Decisa d’interrogare i nuovi operai, la vecchia si accosta agl’imbiancatori, volge loro le solite domande, ed ottiene sempre le medesime risposte. S’indirizzò ai pittori, che non seppero dirle di più. Finalmente, accostandosi ad uno di essi, più giovane degli altri, e tirandolo in disparte: — Mio bel ragazzo,» gli disse, «in nome di Dio, palesami il vero nome e la professione di mio genero. Non ci è permesso parlare,» rispose questi, «pena la vita. — Or via,» soggiunse la vecchia, «vedo chiaramente che mio genero è un ladro: tutti hanno timore del male che può arrecare. —

«Sul far della sera gli operai, avendo finito di assettare la casa, ripresero gli abiti, andarono al palazzo, e resero conto al califfo del compimento de’ suoi