Pagina:Le mille ed una notti, 1852, V-VI.djvu/645

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voce la principessa, la quale aveva veduto Alaeddin, «e non perde sillaba del nostro colloquio. —

«Zobeide, al colmo della gioia per quanto aveva udito, e potendo appena trattenere i suoi trasporti, cantò un’aria sì tenera, accompagnandosi con modi sì incantevoli, che Alaeddin, fuor di sè, le si slanciò incontro, e la strinse al seno. I due consorti, troppo deboli per sostenere le emozioni tumultuanti ed appassionate che destavansi nel loro animo, svennero nelle braccia l’un dell’altro.

«La principessa e le sue dame si affrettarono a soccorrerli. Quando furono rinvenuti, la real donzella li felicitò sulla loro riunione.

«— Madama,» le disse Alaeddin, «è a voi sola, ben lo veggo, che sono debitore della mia felicità.» Volgendo poscia appassionati sguardi sulla sposa: «Voi vivete ancora, mia cara Zobeide?» soggiunse.

«— Io non ho mai cessato di vivere,» rispose ella con voce fioca, «e sospirare il momento della nostra riunione. Fui rapita al vostro amore, e trasportata in questi luoghi, da uno di quei geni che ubbidiscono ai geni d’un ordine superiore. Il fantasma che prendeste per me era quello d’un altro genio, il quale, avendo preso il mio aspetto, si finse morto. Quando voi lo deponeste nella tomba, ne uscì poco dopo, e venne a trovare la sua sovrana, la principessa Husn Merim, la mia benefattrice, che voi vi vedete dinanzi. Quando aprii gli occhi, e la scorsi a me vicina, le domandai perchè mi avessero condotta qui. «Signora,» mi rispose, «la sorte mi destina a diventare la sposa di Alaeddin Abulschamat; degnatevi permettermi di dividere con voi il suo cuore. Io ho scoperto, colla potenza dell’arte mia, che una grande sciagura pende sulla sua testa, e siccome m’è