Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/135

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giorno, e lasciandomi, disse: — Tornerete qui verso l’ora della preghiera; io sarò ad attendervi,» Mi recai da mia madre, che trovai immersa nel duolo ed in amaro pianto per la mia assenza. Appena però mi vide, corse fra le mie braccia, e strinsemi al seno, versando copiose lagrime di gioia. — Madre,» le dissi, «moderate il vostro dolore, giacchè la mia assenza m’ha condotto alla fortuna ed alla felicità.» E le narrai l’occorso. — Ah figliuol mio!» sclamò ella; «voglia Iddio proteggerti sempre; ma almeno vieni a trovarmi ogni due giorni: un tal termine è anche troppo lungo per la mia tenerezza.» Mi recai al magazzino dove mi occupai, secondo il solito, sino a sera. All’ora della preghiera, tornato al luogo convenuto, trovai la vecchia la quale mi ricondusse al palazzo, usando però prima la precauzione di bendarmi gli occhi. Mia moglie mi ricevette colla premura consueta, e per tre mesi continuai ad andare ogni giorno, tornando nella medesima guisa, senza poter giungere a conoscere la donna da me sposata, benchè lo splendore, la profusione delle ricchezze e la pompa che mi vedeva intorno, me ne infondessero il più vivo desiderio.

«Finalmente trovai l’occasione di parlare da solo ad una delle schiave negre di mia moglie, e la interrogai intorno alla sua padrona. — Signore,» quella rispose, «singolare n’è la storia; ma non oso narrarvela per paura che non mi faccia mettere a morte.» La pregai ad istruirmene, giurandole il segreto, ed allora mi parlò in tai sensi: «— Un giorno, andando la mia padrona per distrarsi ad un bagno pubblico, passò per caso dalla via nella quale si trova il vostro magazzino. Era un venerdì: voi vi stavate elegantemente vestito, discorrendo con un amico. Essa vi vide, l’amore s’insignorì del suo cuore, ma niuno si accorse dell’emozione