Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/331

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trovasi nascosto un altro tesoro molto più considerevole, che ti è parimenti destinato. Ora rendimi la libertà, e permetti d’andarmene. — Per Allah, non ti metterò in libertà, se prima non m’avrai fatto padrone del tesoro dell’Yemen. — Sono a condurti, ma giurami che allora mi lascerai libero. — Lo giuro, ma ho da chiederti un altro servigio. — Parla. — Ho mia moglie ed i figliuoli al Cairo, e desidero che me li conduca qui. — Il tuo desiderio sarà esaudito, e faranno il viaggio con tutto comodo; ti domando solo tre giorni di licenza. — Vanne,» disse Alì.

«Quindi si pose ad ammucchiar l’oro, e riempirne sacchi che trovò già pronti, e passò tutta la notte a portarli in un sotterraneo aperto, e del quale si pose la chiave in tasca.

«Alla mattina, venuto lo schiavo del padrone di quella casa a bussare alla porta, e maravigliando tutto al vedere Alì sano e salvo, corse ad annunziarne le nuove al suo signore, il quale ne provò estrema gioia, e recossi egli medesimo a felicitare l’ospite e chiedergli se nulla avesse veduto. — No,» rispose Alì; «ho passato tutta la notte a leggere il Corano, e codesta lettura avrà senza dubbio tenuti lontani gli spiriti maligni che si compiacciono di tormentare gli ospiti vostri. —

«Dopo tre giorni ricomparve il genio del tesoro, e disse ad Alì d’andar incontro a sua moglie ed a’ figliuoli, che trovavansi alle porte di Bagdad, come v’erano in fatti, montati in una magnifica lettiga, e vestiti di ricchi abiti presi nel tesoro dell’Yemen. Avendo Alì invitato tutti i mercatanti a venire con lui incontro alla sua famiglia, recaronsi ad un giardino situato all’ingresso della città e sull’orlo della strada del Cairo, per attenderne l’arrivo. In breve, furon visti alzarsi nell’aria nembi di polvere, sollevati