Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/385

Da Wikisource.

367


martoro, e le rose ascoltavanli attentamente1. Tutta la natura pareva animata dalla sorgente vivificante della primavera. Belukia, venendo con Offan, non aveva notato quell’isola, e parendogliene mirabile il soggiorno, passeggiava con indicibile diletto sotto l’ombra dei folti boschetti, ed al calar della notte salì sur un albero per dormirvi. Non avea però chiusi ancora gli occhi, e stava deliziosamente contemplando le maraviglie che avevangli inebriata l’anima di piacere, allorchè vide un orrido animale uscir dall’onde. Mandò il mostro un grido terribile, dal quale l’isola fu scossa sino alle fondamenta, e nel medesimo istante uscirono dalla terra in gran moltitudine altri animali di vari colori, ciascuno de’ quali portava in bocca una pietra scintillante come la luce un faro: erano tigri, lioni e leopardi. Dopo aver tutta la notte confabulato insieme, verso la mattina tornarono in mare, e Belukia, che aveva provata non poca paura, risolse di abbandonare quell’isola nella quale, invece di enti umani, non eranvi che bestie con diamanti, che discorrevano fra loro senza ch’ei potesse prender parte ai loro discorsi.

«Soffregossi col succo della pianta le caviglie dei piedi, e proseguì il viaggio. Camminando notte e giorno sul secondo mare, giunse finalmente alle falde d’una catena di monti, in mezzo a cui trovavasi una stupenda valle: i ciottoli eran calamite, nè vi si trovava alcun animale feroce, come tigri, lioni o iene.

  1. Gli amori dell’usignolo e della rosa sono una della più amene ed antiche finzioni della poesia persiana; vi si trovano già frequenti allusioni nei poemi di Ferdusi. Questa allegoria ispirò a Saadi una favola graziosissima, intitolata l’Usignuolo e la Formica. Chezy n’ha fatto un’elegante traduzione, nella quale seppe riprodurre tutta la grazia squisita dell’originale, con quel gusto puro e dilicato che caratterizza il suo bel talento.