Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/450

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«Udendo tali cose, Giamaspe fu più afflitto che mai di ciò che gli accadeva; ma credette di dover persistere a negare, e continuò ad asserire che non conosceva la regina dei serpenti, nè mai aveva udito parlarne. Allora il visir chiamò due manigoldi che lo mettessero alla tortura; Giamaspe sopportò a lungo tutti i tormenti prima di confessare la verità, ma appena l’ebbe fatto, il visir venne a baciargli le mani e la testa. — Perchè negare,» gli disse, «una cosa tanto nota? sappiamo sino il luogo dove foste gettato nella fossa del miele e d’onde andaste alla regina de' serpenti.» Giamaspe confessò tutto; allora gli misero addosso una veste d’onore, lo fecero salire sur un cavallo magnificamente bardato, e fu condotto sotto numerosa scorta sino alla caverna dove era stato calato nella fossa del miele. Si arsero profumi, pronunziaronsi parole magiche, e tutte le purificazioni e formole scongiuratorie furono adoperate da Giamaspe per far che la regina de’ serpenti si mostrasse. Tutto a un tratto spalancassi un’ampia porta, dalla quale uscì uno strido sì spaventevole, che tutti gli astanti caddero bocconi, ed alcuni rimasero morti di terrore. Avanzossi quindi un serpente della grossezza d’un elefante, vomitando fiamme, e portando sul dorso un aureo bacino, nel quale stava un altro serpe con volto umano risplendente come oro. Era la regina de’ serpenti in persona, la quale, appena vide Giamaspe, si mise a sclamare: — Dove sono le tue promesse ed i giuramenti che mi facesti? Ma ben lo veggo, niuno può evitare il suo destino; il mio era annodato al tuo, e quello del re Guserdan al mio.» A tali parole si mise a piangere, e Giamaspe vi unì le sue lagrime.

«Il visir, avvicinatosi, allungò la mano per pigliare la regina. — Guai a te se mi tocchi!» gridò essa; - saresti sull’istante ridotto in cenere: al solo Giamaspe