Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/731

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l’affare vi sta tanto a cuore, volgetevi a mia moglie, che va di frequente ne’ serragli dei grandi: domani potrò darvi notizie più estese. — Calcolo sulla vostra promessa, padre mio,» gli disse Kamar-al-Zeman, mettendogli in mano due pezze d’oro. — Se siete tanto impaziente,» ripigliò il barbiere, «vado sul momento; attendetemi qui in bottega. —

«Il barbiere, corso dalla moglie, le diede l’oro e le raccontò l’avventura del giovane. — Sia il ben venuto!» rispose la donna; e conducilo qui.» Il barbiere dunque condusse dalla moglie Kamar-al-Zeman, che le donò, per pagare il suo buon arrivo, cento monete d’oro. — O figlio!» disse la donna, «è dessa una storia molto maravigliosa. Saprete dunque che il sultano delle Indie mandò, qualche tempo fa, al re di Basra una perla, unica per bellezza e grossezza. Il re, fatti chiamare tutti i gioiellieri della città, disse loro che quegli il quale potesse forarla direttamente, non avrebbe che a domandargli tutto ciò che volesse; ma che, d’altra parte, vi andava della sua vita se non riusciva, o se danneggiasse menomamente la perla. Nessuno de’ gioiellieri osò incaricarsi della pericolosa impresa, e dissero: — Asti-Obeid è il solo che sia forse abbastanza abile per eseguire simile lavoro.» Lo fecero venire, ed egli forò la perla con grandissima soddisfazione del re.

«Siccome quel gioielliere non faceva nulla senza consultare la moglie, le domandò parere intorno alla ricompensa da chiedere al re pel prezzo della propria fatica; e sua moglie è appunto, quella dama che vedeste accompagnata da quaranta schiave. — Siamo, grazie a Dio,» diss’ella, «abbastanza ricchi per non avere da tal lato nulla da desiderare; ma ho una singolare idea che mi piacerebbe appagare. Domandate al re che mi conceda il permesso di passeggiare ogni venerdì colle mie schiave per le strade