Pagina:Le mille ed una notti, 1852, VII-VIII.djvu/739

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nè poteva capire come avesse potuto celarsi nell’armadio. Gli scoprì ella tutto il mistero, e gli diede due borse d’oro; quattro ne portò il dì dopo, e quattro altre ancora il terzo giorno; così impiegava il dì a raccogliere il denaro del marito, e lo portava la notte all’amante, mentre il gioielliere dormiva sopito dal narcotico misto al sorbetto. La quarta notte, la dama portò seco un magnifico pugnale appartenente al marito, che l’aveva lavorato egli stesso colla massima diligenza; l’impugnatura sola, d’oro, valeva più di cinquecento zecchini, senza contare le pietre preziose delle quali era adorno. — Metti questo pugnale nella cintura,» disse a Kamar-al-Zeman, «recati alla bottega di mio marito, mostragli il pugnale, e domandagli quanto valga. Ei ti chiederà invece da chi tu l’avesti; allora digli che, passando sul mercato, udisti due uomini parlar insieme, l’uno de’ quali diceva all’altro: — Vedi il regalo che mi ha fatto la mia amante; mi donò tutto il suo denaro: ora mi dona gli oggetti di suo marito.» Aggiungi, che essendoti avvicinato all’uomo che così parlava, tu comprasti il pugnale. Lascia la bottega, e torna a casa; mi troverai nell’armadio per riprenderlo.» Kamar-al-Zeman, preso il pugnale, si recò alla bottega dei gioielliere, dove rappresentò la parte prescrittagli.

«Turbossi estremamente l’altro udendo simile notizia, talchè non sapeva cosa dire o pensare. Rispose quindi con parole interrotte, come uomo che abbia la mente sconvolta.

«Vedendo Kamar-at-Zeman il turbamento estremo del gioielliere, uscì dalla bottega, e riportato il pugnale alla sua diletta, che già l’attendeva nell’armadio, le dipinse lo stato crudele e lo smarrimento nel quale aveva lasciato il di lei marito.

«In preda ai tormenti della gelosia, Asti-Obeid corse a casa, fischiando come serpente in furore.