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10 origini della zecca

retore. Il ministro di Teodorico non avrebbe adoperata una forma così umile e complimentosa con dei sudditi o vassalli, e siccome i veneti, anche se godevano di una certa autonomia o individualità, come appare dal senso di questa lettera, erano sempre troppo piccoli e troppo deboli per meritare tanti riguardi, dobbiamo concluderne che essi avevano la protezione dell’impero, col quale i Goti in quel momento desideravano conservare i buoni rapporti.

Questa lettera risolve anche la questione della zecca, perchè Cassiodoro dice ai Veneziani: «Pro aratris, pro falcibus cilindros volvitis inde vobis fructus omnis enascitur, quando in ipsis et quae non facitis possidetis. Moneta illic quodammodo percutitur victualis. Arti vestrae omnis fructus addictus est. Potest aurum aliquis quaerere, nemo est qui salem non desideret invenire...»

Queste parole, che dobbiamo attribuire soltanto al solito stile figurato di Cassiodoro, non significano già che il sale servisse come mezzo di pagamento, nè che a Venezia esistesse una speciale moneta denominata victualis, come fu creduto da alcuno; ma non occorre insistere su questo punto, concordando in tale opinione le autorità del Muratori1 e di S. Quintino2.

Intanto però l’Imperatore Giustiniano cominciava a porre ad effetto i suoi progetti; nel 539 Belisario sconfigge gli Ostrogoti e conquista Ravenna, Treviso ed altri siti importanti nel Veneto; nel 550 Narsete prende il posto di Belisario, e, seguendo le coste del mare, riprende Ravenna e dà il tracollo alla potenza dei Goti. Tutta l’Italia ritorna in potere dell’imperatore romano d’oriente, ma per breve tempo, perchè nel 568 i Longobardi, condotti da Alboino, conquistano quasi senza colpo ferire, la Venezia, e poco dopo presso che tutta l’Italia sino a Spoleto e Benevento.

Le possessioni dei Greci si restringono sino a poche coste che dipendono da’ due centri di Ravenna e di Napoli; da questo

  1. Muratori, Antiq. med. aevi. Vol. II, pag. 647.
  2. S. Quintino, opera citata, pag. 5.