Pagina:Le opere di Galileo Galilei II.djvu/15

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12 avvertimento.

corretti dalla lezione di B: per contrario ci parve di ritrovare in A, qualche volta meglio che in B, certe forme prettamente toscane, lo quali non possono attribuirsi se non all’Autore. In tale condizione di cose, e non soccorrendoci più forti ragioni per dar la preferenza all’un manoscritto sull’altro, ci risolvemmo a seguire più specialmente il cod. A, del quale credemmo partito più opportuno riprodurre anche l’alternare che fa talora (ma non più dell’altro codice) una ad altra grafia nella stessa parola, poichè di siffatte incostanze anche gli autografi porgono esempi1. Lasciammo invece da parte, com’era naturale, oltre a quelle grafie che già furono evitate nella Bilancetta e poche altre consimili, ogni forma spropositata, o che credemmo propria del copista piuttosto che dell’Autore; riempimmo, con la scorta dell’altro codice, qualche lacuna, e correggemmo le lezioni errate, spesso pure con l’aiuto di B2 ma all’occorrenza non omettendo di emendare gli errori manifesti di tutt’e due i manoscritti; il che però avvenne di rado e trattandosi quasi sempre di puri trascorsi di penna degli amanuensi. Sia di queste ovvie correzioni3, sia delle diversità de’ due codici, giudicammo, in generale, superfluo render conto al lettore.

Delle figure, che sono forse dovute nelle due copie alla medesima penna, ci sembrarono preferibili quelle di B. Essendo poi i disegni semplicemente dimostrativi, abbiamo omesso (e come in questo, così nell’altro Trattato) la scala, che talora è data dai manoscritti, perchè quasi sempre non corrispondevano ad essa le proporzioni dei respettivi disegni4.

  1. Abbiamo dovuto far eccezione per le voci cavaliero in questo primo Trattato, artiglieria nel primo e nel secondo, e baluardo nel secondo. Le forme cavaliero, cavalliero, e artiglieria, artigliaria, artilaria, arteglieria, artegliaria, e baluardo, balluardo, baloardo, balloardo, balovardo, ballovardo, belluardo, bellovardo, s’alternano, respettivamente nel cod. A del primo Trattato (quanto a cavaliero, però, soltanto nel passo di pag. 26, lin. 10), e nel cod. m del secondo, che abbiamo preso a fondamento del testo: e ciò in maniera così strana e disordinata, e con tanta frequenza, da far dubitare se cosiffatta varietà sia dovuta all’Autore, e, ad ogni modo, da recare, ovo fosse conservata, troppo disgusto al lettore. Abbiamo perciò preferito la forma cavaliero, che anche nell’indicato passo è numericamente prevalente, e costante in tutto il resto del Trattato; ma non ci dispiacque rimanesse quasi un testimonio di questa varietà nella figura di pag. 26, dove conservammo cavalliero che è di tutt’e due i codici; la qual forma rispettammo poi in tutto il secondo Trattato, nel quale ce la offrono costantemente ben sei manoscritti. Parimente adottammo come forme uniche artiglieria e baluardo, quest’ultima prevalente alcun poco in m ed in n, costante in b, c, d, r (in a, al contrario, è costante ballovardo), e nel primo Trattato, comunissima nei libri a stampa contemporanei e concernenti questa materia: e soltanto abbiamo conservato da m la forma bellovardo a pag. 87, lin. 3l, in grazia dell’etimologia che ivi l’Autore assegna alla parola. Le altro forme (in n frequente anche belloardo), ci parve sufficiente fossero qui registrate a vantaggio degli studi lessicali.
  2. Dal cod. B fummo costretti qualche volta a prendere, per adattarci alle necessità tipografiche della pagina, anche le parole («come si vede nella presente figura», «nella figura prossima di sopra», «nella figura appresto», «nella contrascritta figura», ecc.), con cui nel testo s’indica il posto, che le figure occupano: nel che, com’è naturale, i codici variano spesso.
  3. Tra gli errori di tutt’e due i mss., che ci paiono notevoli, è, in particolar modo, quel lo di anocchia (pag. 58), dato da A e B concordi, e che, non trovando verun esempio di questa voce, correggemmo in manocchia, che ha altri riscontri o l’appoggio dei codici del secondo Trattato (pag. 140 e seg.). Correggemmo pure corpi di difese, che talora ricorre invece di corpi di difesa; sebbene quella viziosa attrazione del plurale corpi sul suo compimento ritorni anche in qualche passo del secondo Trattato, secondo la lezione di alcuni manoscritti. Non propriamente errore, ma vizio o vezzo della scrittura, più che della lingua, d’allora, abbiam considerata la forma medemo invoco di medesimo; e non tenemmo conto, nè di quella, nè (in prosa di tal genere) dell’altra forma medesmo.
  4. In via di eccezione abbiamo applicato la scala,