Pagina:Le opere di Galileo Galilei II.djvu/324

Da Wikisource.

in perpuosito de la stella nuova. 321

Ma. Mò sì ceole. gi è de quelle botte de Stoetene queste, e di suò brighente; ch’i no sà s’i sea vivi, e si i vuol faellare de Cielo. A cherzo, que in Cielo ghe suppi così ben caldo, e ferdo, e mogio, e suto, com’è an chive mì. per que? no se vè, che ’l gh’è del spesso, e del chiaro, e del lusente, e del scuro? che eggi quiggi? i n’è tutti uno a l’incontragio de l’altro ne nò? mo vuotù pi? sta stella ghe poea essere, e si no gh’iera, e si adesso la ghe xè. n’elo roesso questo? moa, l’arve la bocca, e si laga egnir fuora quel, che ’l vuole. E pò ello el fà conto de desbutare con gi smetamatichi, e si zarlega de ste reson? on sita halo cattò, que on mesuraore vaghe spelucanto sù ste noelle? chi ghe l’hà ditto à ello?

[Loren. cap. 4.]Na. Mo cancaro, el gh’arzonze1, que se in Cielo ghe foesse terra, aqua, aire, e fuogo el no se porae stravere con se fà, sianto, che el doenterae spesso, e scuro.

Ma. Sì se qui leminti foesse della fatta di nuostri; mo gi è pì sprefetti, segondo, ch’a sentì na botta a dire al me paròn, que el disea, che Pianton el disea.

[Loren. cap. 4.]Na. El dise anche2, que a sto muò, el Cielo no porae anar a cerca via, sianto, che i leminti và tutti in sù, ò in zò, mo nò attorno.

Ma. E se mi a diesse a l’incontragio, que i và anche attorno? El gh’amanca

Ma. Oh! sì, cipolle! Le son di quelle botte da Aristotele e compagnoni suoi, queste, che non sanno s’e’ sian vivi, eppure e’ vogliono ragionar del Cielo. Io credo che in Cielo ci sia nè più nè meno caldo e freddo, e molle ed asciutto, com’è anche qui da noi. Perchè, o non si vede ch’e’ ci è dello spesso e del rado, e del lucente e dell’oscuro? Che è egli ciò? o non sono tutti l’uno all’incontrario dell’altro? sì o no? Ma vuoi di più? Questa stella ci poteva essere, eppure non c’era, e poi adesso la c’è. Non è il rovescio, questo? Ma lui apre la bocca, e lascia venir fuori quel ch’e’ vuole. E poi, e’ fa conto di disputare con i matematici, sciorinando di queste ragioni? 0 dove mai ha egli trovato che un misuratore vada speculando su queste novelle? Chi gliel’ha detto a lui?

Na. Oh canchero, ma e’ ci aggiunge che se in Cielo vi fosse terra, acqua, aria e fuoco, e’ non ci si potrebbe vedere attraverso come si fa, sendochè e’ diventerebbe spesso e scuro.

Ma. Sì, se quegli elementi fossero della fatta dei nostri; ma essi sono più perfetti, secondo che ho sentito una volta dire al mio padrone, il quale diceva che lo diceva Platone.

Na. Egli dice anche, che a questo modo il Cielo non potrebbe muoversi in giro, sendo che gli elementi vanno tutti in su o in giù, ma non attorno.

Ma. E se io dicessi all’incontrario che e’ vanno anche attorno? E sì che
17. un — 20. cancarò — 23. doentarae
  1. «lascio di ragionare contra chi dicesse, che tra li Cieli si trovino le materie elementari, però che questo contradicendo all’ordine della natura, et al senso, imperciò che sarebbono ivi gli Elementi contra la loro natura, e per lo mischiamento della Terra e dell’Acqua, opacitade cagionerebbono.» (Discorso, ecc., car. 9a r.)
  2. «Ma che egli non sia fuoco, e simigliantemente, ch’egli non sia veruno de gli quattro Elementi, si manifesta; però che essi non hanno ’l movimento circolare, ma diritto o al in sù, o al in giù, quale nelli Cieli non si ritrova.» (Discorso, ecc., car. 8a r.)