Pagina:Le opere di Galileo Galilei III.djvu/254

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DI LUDOVICO DELLE COLOMBE.



L’ambizioso animo umano, sospinto oltre ogni convenevole termine dal desiderio dell’immortalità, venutagli a stomaco la navigazione dell’oceano della veritade, s’ingolfa nel mar della bugia, sprezza le Colonne d’Ercole1, schernendo Aristotele e beffeggiando Platone, grida plus ultra, in sin tanto che va a dare in non conosciute sirti, e romper in non antiveduti scogli. Imperò che alcuni, disperandosi d’intendere Aristotele, o di poter dir cosa che porti lor nominanza nella di lui filosofia, si risolvono, non potendo far pompa, come si dice, a far foggia, e di negare tutte le sue verità, altrettante menzogne opponendole, con ritrovare anzi sognar nuova filosofia e modo nuovo di filosofare. Tali già furono alcuni antichi, e a nostra etade i Telesisti. Altri, in niuna filosofia avendo fondamento, si danno alle matematiche, e quelle predican per sovrane sopra tutte l’altre facultà2. E là dove, al tempo di Aristotele, esse erano in credito di scienze da fanciulli, e prima di tutte apparate, come appo noi l’abbaco (in tanto che i comentatori, facendo obiezioni perchè Aristotele nella filosofia dia sì spesso esempli di matematica non saputa da tutti, poscia che l’esemplo dee essere di cosa più nota, rispondono che ne’ suoi tempi ogni fanciullo avea cotale scienza per notissima, come cosa triviale3; nondimeno questi tali moderni e so-

22. vergona —
  1. L’Oceano non è se non fuor delle Colonne.
  2. e per tali son predicate da tutti, eccetto che da alcuni che non sanno quel che le sono; de’ quali uno è il presente scrittore.
  3. tanto è maggior la vergogna di questo autore, poi che e’ non sa (volendo fai: professione di filosofo) quello che era il primo studio de i fanciulli, che dovevano poi attendere alla filosofia.