Pagina:Le opere di Galileo Galilei III.djvu/411

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406 avvertimento.


i Gesuiti) havendo finalmente conosciuta la verità de i nuovi Pianeti Medicei, ne hanno fatte da 2 mesi in qua continue osservazioni1, le quali vanno proseguendo; et le haviamo riscontrate con le mie, et si rispondono giustissime. Loro ancora si affaticano per ritrovare i periodi delle loro rivoluzioni, ma concorrono col Matematico dell’Imperatore in giudicare che sia per esser negozio difficilissimo et quasi impossibile. Io però ho grande speranza di havergli a trovare et definire, et confido in Dio benedetto, che sì come mi ha fatto grazia di essere stato solo a scoprire tante nuove meraviglie della Sua mano, così sia per con cedermi che io habbia a ritrovar l’ordine assoluto de i suoi rivolgimenti: et forse al mio ritorno haverò ridotto questa mia fatica, veramente atlantica, a segno di poter predire i siti et le disposizioni che essi nuovi Pianeti sieno per bavere in ogni tempo futuro, et habbino anco hauto in ciascun tempo passato; pur che le forze mi concedine di poter continuare sino a molte hore di notte le osservazioni, come ho fatto sin qui»2.

Non è troppo difficile l’argomentare la via che Galileo avrà, con tutta probabilità, tenuta per tentar di pervenire al desiderato fine. Pare infatti che egli debba avere incominciato dal determinare i raggi delle orbite di ciascun satellite, cioè, in altre parole, le loro maggiori digressioni, e li abbia stabiliti numericamente, prendendo per unità il semidiametro di Giove. Ottenuto questo risultato, dapprima con una approssimazione assai grossolana, ma che poi con l’uso stesso doveva naturalmente rendersi tanto più esatta, Galileo avrà cominciato dal misurare il tempo passato in una conversione tra il muovere ed il ritornare al medesimo punto dell’orbita, e di poi, come ne assicura l’andamento dei calcoli che andò seguendo in progresso di tempo, avrà ottenuto il moto medio orario dividendo la cifra complessiva dei gradi di più conversioni, fatte nel tempo compreso tra due osservazioni bene accertate, per il numero delle ore impiegate nel compierle.

Dei risultati pertanto ai quali sarebbe pervenuto mentre era ancora in Roma attesta egli stesso nel principio del Discorso intorno alle cose che stanno in su l’acqua o che in quella si muovono, scrivendo: «L’investigazion de’ tempi delle con versioni di ciaschedun de’ quattro Pianeti Medicei intorno a Giove.... mi succedette l’aprile dell’anno passato 1611, mentre ero in Roma: dove finalmente m’accertai, che ’l primo, e più vicino a Giove, passa del suo cerchio gradi 8 e m. 29 in circa per ora, facendo la ’ntera conversione in giorni naturali 1 e ore 18 e quasi mezza. Il secondo fa nell’orbe suo g. 4, m. 13 prossimamente per ora, e l’intera

  1. Cfr. Vol. III, Par. II, pag. 863-864. — Già fino dal 4 dicembre 1610 Galileo aveva saputo, col mezzo di Antonio Santini, che i Gesuiti del Collegio Romano avevano fatto osservazioni delle Medicee ma che però non erano «ancora sicuri, se sono pianeti o non» (Cfr. Vol. VIII, pag. 480); ed è del 17 dicembre di questo medesimo anno la lettera con la quale lo stesso P. Cristoforo Clavio invia a Galileo «alcune osservationi, delle quali chiarissimamente si cava che non sono stelle fisse, ma erratiche, poi che mutano sito tra sè et tra Giove» (Cfr. Vol. VIII, pag. 484).
  2. Cfr. Vol. XI, pag. 80.