Pagina:Le opere di Galileo Galilei IV.djvu/222

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218 operetta intorno al galleggiare ecc.

che non mette in carta, può sempre mai negare il suo detto; sì ancora perchè altri non può così facilmente, essendo il tempo della disputa breve e fuggevole, in quel subito trascorso sceverare il vero dal falso e discoprire le fallacie delle cose che si dicono. Questo provano i proverbi seguenti: «Il tempo solo è giudice di tutte le cose»; e l’altro: «Il tempo tutte le cose occulte conduce a luce». E concedesi altresì la sentenza d’Alcinoo, che ’l filosofare dee essere libero. Ma che dobbiamo stare nella ragione, e nell’autorità no, non lo consentiamo; perchè è palese che gli uomini grandi fecero sempre grande stima dell’autorità, e Aristotile se ben disse: «Amico Socrate e Platone, ma più amica m’è la verità», nulladimeno citò spesso nelle sue opere diversi autori: ed ènne la ragione, che ’l volersi partire dall’autorità seguita da un consenso grandissimo di savi, e massimamente senza esperienze e ragioni evidentissime, è veramente una cosa temeraria, e porge sospetto e occasione giusta di dire che uomo non intenda la cosa più tosto, o vero abbia mente inchinevole naturalmente al falso. A confermazione di ciò, è da considerare che da Aristotile, sì come non è mai rifiutata la ragione per l’eccellenza del senso, così né l’autorità ancor che la ragion prevalesse; perciochè è una maraviglia della natura che ella in ogni scienza e arte abbia prodotto il sovrano maestro, avendo divisamente in alcuni soggetti adoperato l’ultimo di suo magistero, ed in quelli pur dimostrato le bellezze delle sue idee, additandone gli altri che là si riferiscono e prendano la norma.

Ma lasciamo questi preambuli del Galilei, e vegniamo alle proposizioni che furono cagione che egli componesse il suo Discorso. E cominciamoci da quella che dice, che in una conversazione di letterati fu detto che ’l condensare era proprietà del freddo, e glie ne fu addotto l’esempio del ghiaccio; a’ quali contraddisse, affermando che ’l ghiaccio era più tosto acqua rarefatta: il che crede avere primieramente dimostrato, perchè egli sta a galla (che se fosse acqua condensata, per esser divenuto, per la condensazion, più grave, non vi starebbe altrimenti) e, l’altra ragione, perchè l’acqua nel ghiacciarsi cresce di mole, segno, come dice, di rarefazione. Alle quali ragioni rivolgendomi, dico che la seconda non è vera, cioè che l’acqua nel gelarsi cresca di mole da per sé, affermandosi il contrario: ed alla prima dico che ’l ghiaccio, detto dall’agghiacciamento e costringimento fatto dal gran freddo, si rarefa per accidente, come in molte altre materie interviene; perchè, ristrignendosi in esse alcune parti, alcun’altre per necessità escono, non essendo atte a congelarsi; e così le dense si rarefanno, e si generano perciò entro di loro alcune porosità, nelle quali penetrando l’aria che si ritruova congiunta al freddo, vi riman rinchiusa (non dandosi il vacuo); le quali cose insieme divengono cause del galleggiamento suo. Ed argumento di ciò è il vedere che ’l cristallo, condensato dal freddo, è trasparente, per la mischianza dell’aria e dell’acqua, come dice Ermino. Anzi il ghiaccio, per essere un poco più grave dell’acqua e, per conseguenza, dilungato dalla natura di essa per accidente, me-