Pagina:Le opere di Galileo Galilei IV.djvu/49

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attenenti al trattato ecc. 45


bene esser impresa più che facilissima a quelli li quali, col morso della medesima figura, raffrenano il corso precipitoso dell’oro verso 1 centro del mondo. Ma se, per mia ventura, ei non trovassero il modo di effettuar questa seconda esperienza, e che per tanto si chiarissero della sua impossibilità1 di grazia non si affatichino più in voler sostener per buona l’interpretazione data da loro alle parole di Aristotile, perchè condanneranno attorto un innocente, e gli faranno al suo dispetto dire il falso, mentre egli dice una assolutissima verità: perchè falso e superfluo2 è il dire: «Le figure non sono cause semplicemente, ma son cause in certo modo, dell’andare o non andare al fondo o a galla, ma sì bene dell’andare più o meno veloce o tardo»; falso è, perchè non si vede che la figura impedisca il venire a galla, come pare che ritenga l’andare al fondo; superfluo, e male attaccato col detto di sopra, sarebbe il dir che le figure sien causa del tardo o del veloce. Ma dandogli il vero senso, oltre allo sfuggir il bisogno di una distinzione, inutile in questo luogo3 di simpliciter e secundum quid, della quale Aristotile non averebbe, in questa occasione, tralasciato il secondo membro, se l’intenzion sua fusse stata di prevalersene, si averà una sentenza verissima, ben continuata ed in tutte le sue parti coerente; e sarà questa: «Le figure non son causa dell’andare assolutamente, o non andare, al fondo o a galla, ma sì bene della maggiore o minor velocità». E fermata questa chiara facile e vera esposizione, molto approposito cade il passar dubitativamente al cercar la causa, perchè le falde larghe di ferro e di piombo galleggino: e l’occasione del dubitare depende dall’essersi escluse le figure, le quali, nel primo aspetto, hanno sembianza di cause in tale accidente; le quali figure se non fossero state escluse di sopra, ma intromesse, non solo saria stato a sproposito il dubitare di quello che nelle parole immediatamente precedenti si era posto per resoluto, ma quasi superfluo il proporlo semplicemente per conclusione consequente dalle cose dette di sopra. Concludasi, dunque, che la mente di Aristotile in questo luogo è precisamente concorde alla mia proposizione

1. quali fren[ano] col — 10. del andare — 11. andare velo[ce] più
  1. Le parole «e che.... impossibilità» sono aggiunte in margine.
  2. «e superfluo» è aggiunto in margine. Sopra «e superfluo» è scritto altresi «ed interrotto», che fu poi cancellato.
  3. «in questo luogo» è aggiunto in margine.