Pagina:Le opere di Galileo Galilei VI.djvu/266

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che si promettevano da quella precognizione della verità dell’effetto, era assai meno di quel che credevano.

Ma ritorno a quel che segue scrivendo il Sarsi, dove destreggiando, per non si ridurre a dire che l’argomento preso dal minimo ingrandimento degli oggetti remotissimi non val nulla, perch’è falso, dice che di quello non n’ànno mai fatta molta stima; il che manifesta egli dall’averlo il suo Maestro scritto con assai brevità, dove che gli altri due argomenti si veggono distesi ed amplificati senza risparmio di parole. Al che io rispondo che non dalla moltitudine, ma dall’efficacia delle parole si deve argumentar la stima che altri fa delle cose dette: e, come ogn’un sa, vi sono delle dimostrazioni che per lor natura non possono esser senza lunghezza spiegate, ed altre nelle quali la lunghezza sarebbe del tutto superflua e tediosa; e qui, se si deve aver riguardo alle parole, l’argomento è portato con quante bastavano alla sua spiegatura chiara e perfetta. Ma, oltre a questo, lo scrivere lo stesso P. Grassi esser in tal argomento, come necessariamente si raccoglie da’ principii ottici, forza grandissima per provar l’intento, ci dà pur troppo chiaro indizio della stima ch’egli almeno ha voluto mostrar di farne: la qual voglio ben credere al Sarsi che internamente sia stata pochissima, ed a questo mi persuade non la brevità dello spiegarlo, ma altra assai più forte conghiettura; e questa è, che mentre il Padre fa sembiante di dimostrare il luogo della cometa dover essere lontanissimo, avvenga che nel ricevere dal telescopio insensibile augumento ella imita puntualmente le lontanissime stelle fisse, quando poi accanto accanto ei passa a più specifica limitazione d’esso luogo, ei la colloca sotto ad oggetti che ricevono dal medesimo telescopio grandissimo accrescimento; dico sotto il Sole, che pur ricresce in superficie quelle medesime centinaia e migliaia di volte, che il medesimo Padre ed il Sarsi stesso sanno. Ma il Sarsi non ha penetrato l’artificio grande del suo Maestro, col quale nell’istesso tempo ha voluto cortesemente applaudere a gli amici suoi né ha voluto amareggiar loro il gusto che sentivano per l’invenzion del nuovo argomento, ed a’ più intendenti e meno appassionati ha in tanto voluto, come si dice, sotto mano mostrarsi accorto ed intelligente, imitando quel generosissimo atto di quel gran signore, che gettò il flussi a monte per non interrompere il giubilo nel quale vedeva galleggiare il giovinetto principe suo avversario, per la vittoria