Pagina:Le opere di Galileo Galilei VI.djvu/306

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sopra il piano nel quale essa superficie si distendesse; perché allora, nel girare il triangolo IDA intorno all’asse IH, il punto A anderebbe terminando continuamente in essa superficie e descrivendovi una circonferenza di cerchio: ché quando la superficie detta fusse esposta all’occhio obliquamente, l’angolo A non la toccherebbe se non in un sol punto, e nel girar del triangolo il medesimo angolo A o penetrerebbe oltre ad essa superficie, o non v’arriverebbe. Ed in somma, a voler che la cometa apparisse circolare, bisognerebbe che la superficie dov’ella si genera fusse piana ed esposta direttamente alla linea che passa per li centri dell’occhio e del Sole; la qual costituzione non può mai accadere se non nella diametrale opposizione o vero nella linear congiunzione de’ vapori e del Sole: e però l’iride si vede sempre opposta, l’alone o la corona sempre congiunti al Sole, onde appariscono circolari; ma delle comete non so che se ne sien mai vedute né in opposizione né in congiunzione al Sole. Se al Sarsi, nello scrivere la sua dimostrazione, fusse una volta passato per la fantasia di chiamar quella materia ch’ei si figura intorno al punto A, non vapori, ma acqua del mare, ei si sarebbe accorto che ’l suo argomento avrebbe nel modo stesso e coll’istesse parole concluso che la reflessione nel mare di necessità si deve distender per linea circolare; dal che poi mercé del senso, che mostra il contrario, avrebbe scoperta la fallacia del suo sillogismo.



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Or sentiamo l’argomento sesto. "Sed placet ex ipsius etiam Galilæi verbis hoc idem confirmare. Ait enim ipse, quod etiam fortasse verissimum est, spectra huiusmodi et vana simulacra eam in parallaxi legem servare, quam servat luminosum illud corpus a quo proveniunt; ita, si qua illorum Lunæ effecta fuerint, hæc parem cum Luna parallaxim pati; quæ vero a Sole fiunt, eamdem cum Sole aspectus diversitatem sortiri. Præterea, dum adversus Aristotelem disputat et argumentum ex parallaxi ductum assumit, hæc habet: "Denique cometam ignem esse, ac sublunarem asserere, omnino impossibile est; cum obstet parallaxis exiguitas, tot insignium astronomorum solertissima inquisitione observata." Ex quibus ita rem conficio. Auctore Galilæo, quæcumque mere apparentia a Sole producuntur, illam eamdem patiuntur parallaxim quam patitur Sol; sed cometa non passus est eamdem parallaxim quam Sol patitur: ergo cometa non est apparens quid a Sole productum. Si quis autem de minori huius argumenti propositione ambigat, Tychonis observationes cum observationibus aliorum conferat, dum agunt de cometa anni 1577: ipse certe Tycho ex suis observationibus illud tandem deducit, demonstratam nimirum distantiam cometæ a centro Terræ die 13 Novembris fuisse semidiametrorum eiusdem Terræ 211 tantum, cum Sol ab eodem centro ponatur distare semidiametris saltem 1150, Luna vero semidiametris 60. De hoc vero nostro, si quis eas observationes inter se contulerit quas in Disputatione ab uno ex Patribus habita edidit in lucem Magister meus, satis illi inde constabit huius propositionis veritas; nam fere semper longe maiorem cometæ parallaxim inveniet, quam Solis. Neque observationes huiusmodi Galilæo suspectæ esse nunc possunt, cum easdem summorum astronomorum opera exquisitissime ad astronomiæ calculos castigatas testatus sit."

Che il signor Mario ed io abbiamo mai scritto o detto che i simulacri prodotti dal Sole ritengano la medesima paralasse che quello (come il Sarsi in questo luogo afferma per fondamento del suo sillogismo), è del tutto falso; anzi il signor Mario, dopo aver nominati e considerati molti di tali simulacri, soggiugne così: "E avvenga che de’ sopranominati simulacri in alcuni la paralasse sia nulla, ed in altri operi molto diversamente da quello ch’ella fa negli oggetti reali." Non si trova nella scrittura del signor Mario ch’egli affermi, la paralasse esser l’istessa che quella del Sole o della Luna, se non nell’alone; negli altri, ed anco nell’istessa iride, vien posta diversa. Falsa dunque è la prima proposizion del sillogismo. Or veggiamo quanto sia vera la seconda e quanto concludente, posto anco che la paralasse di tutti i simulacri vani dovesse essere eguale a quella del Sole.