Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/13

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avvertimento. 5

colare col Padre Maestro del Sacro Palazzo, Niccolò Riccardi (quello stesso da cui era stato dato il nulla osta alla stampa del Saggiatore), ed aveva anche scandagliato l'animo del Card. Francesco Barberini, nipote del Papa e, come allora dicevasi, Cardinal Padrone. Quanto al P. Riccardi, partecipa il Castelli a Galileo «che era tutto suo, e che sempre averebbe fatta la dovuta stima della virtù di V. S., e che non ne dovesse dubitare»; e quanto al Card. Barberini, che faceva delle difficoltà, ma pure, quando Galileo avesse provato che la Terra non era una stella, «nel resto le cose potevano passare»1. Questa lettera incoraggiò il nostro filosofo nella correzione del suo lavoro; ond’egli scriveva, nel febbraio al Marsili2 e nell’aprile a Gio. Francesco Buonamici3, ch’era occupatissimo nel rivederlo e che lo faceva copiare, con intenzione di trasferirsi a Roma per pubblicarlo subito. Viepiù fiducioso nelle sorti della sua diuturna fatica dovette poi sentirsi dopo la famosa dichiarazione che, circa la proibizion del Copernico, il Pontefice stesso ebbe a fare a Tommaso Campanella e della quale il Castelli dava notizia al suo Maestro, cioè che: «Non fu mai nostra intenzione, e se fosse toccato a noi non si sarebbe fatto quel decreto»4.

Il primo di maggio del 1630 Galileo partiva da Firenze5 e due giorni dopo giungeva a Roma6, dove, per ordine del Granduca, era ospitato dal Marchese Francesco Niccolini, ambasciatore di Toscana, il quale, per antiche relazioni di famiglia7, era già disposto a favorirlo nelle pratiche ch’era venuto ad intraprendere, ed in ciò era aiutato assai efficacemente dalla moglie Caterina Riccardi, parente del Padre Maestro del Sacro Palazzo. Nessuna delle lettere che Galileo avrà scritto e alla Corte e agli amici, per informare sull'andamento delle trattative iniziate con la consegna del manoscritto, ch’era stato affidato per la lettura al P. Raffaello Visconti8, giunse insino a noi: soltanto i dispacci diplomatici ci danno notizia di difficoltà che si andavano sollevando rispetto alla licenza di stampa, a togliere le quali si stimò opportuno di agire, oltre che sul P. Riccardi, anche sul Visconti, interponendo altresì la mediazione del Principe Gio. Carlo de’ Medici9. Alcune modificazioni furono infatti concordate tra Galileo ed il P. Visconti, e questi sotto il dì 16 giugno scriveva al Nostro che il Dialogo era piaciuto al P. Maestro, il quale all’indomani avrebbe parlato al Papa «per il frontispizio dell’opera», e che del resto, «accomodando alcune poche cosette, simili a quelle che accommodammo insieme», il P. Maestro gli avrebbe restituito il libro10.

Addì 26 giugno Galileo partiva da Roma e, secondo apprendiamo da un dispaccio di tre giorni dopo del Niccolini al Cioli, «con intera sua satisfazione, e con la spedizione intera, merita dal suo valore e dalle sue gentilissime maniere, di quel suo aromatico negozio»11. Ed infatti riebbe Galileo il suo libro «sottoscritto e licenziato» di mano del P. Maestro12: licenza e sottoscrizione però tutt’altro che definitive, e delle quali sembra che Galileo dovesse servirsi appresso il Granduca e per poter cominciare a trattar col tipografo.

  1. Lettera del 9 febbraio 1630 (Mss. Gal., Par. I, T. IX, car. 162).
  2. Archivio Marsigli in Bologna.
  3. Mss. Gal., Par. VI, T. V, car. 61.
  4. Lettera del 16 marzo 1630 (Mss. Gal., Par. I, T. IX, car. 167).
  5. Lettera di Geri Bocchineri a Galileo del 1° maggio 1630 (Mss. Gal., Par. I, T. IX, car. 175).
  6. Lettera di Francesco Niccolini ad Andrea Cioli del 4 maggio 1630 (Archivio di Stato in Firenze, Filza Medicea 3342).
  7. Lettera di Francesco Niccolini a Galileo del 21 luglio 1611 (Biblioteca Estense di Modena, Autografoteca Campori, Busta LXXXII, 106).
  8. Lettera di Galileo ad Andrea Cioli del 7 marzo 1630 (Mss. Gal., Par. I, T. IV, car. 73).
  9. Lettera di Filippo Niccolini a Galileo del 20 maggio 1630 (Mss. Gal., Par. I, T. IX, car. 181).
  10. Mss. Gal., Par. I, T. IX, car. 198.
  11. Archivio di Stato in Firenze, Filza Medicea 3347.
  12. Lettera di Galileo ad Andrea Cioli del 7 marzo 1631 (Mss. Gal., Par. I, T. IV, car. 73).