Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/381

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giornata terza. 373

erano contigue al corpo del Sole, e che intorno a quello si rigiravano, o vero, portate dall’istesso globo solare, che in se stesso circa il proprio centro nello spazio quasi di un mese si rivolgesse, finivano loro conversioni: il qual moto giudicò sul principio farsi dal Sole intorno ad un asse eretto al piano dell’eclittica, atteso che gli archi descritti da esse macchie sopra il disco del Sole apparivano all’occhio nostro linee rette ed al piano dell’eclittica parallele; le quali però venivano alterate in parte di alcuni movimenti accidentarii, vaganti ed irregolari, a i quali elleno son sottoposte, e per i quali tumultuariamente e senza ordine alcuno si vanno tra di loro mutando di sito, ora accozzandosi molte insieme, ora disseparandosi, ed alcuna in più dividendosi, e grandemente mutandosi di figure, per lo più molto stravaganti. E benchè tali incostanti mutazioni alterassero in parte il periodico primario corso di esse macchie, non fecero però mutar pensiero all’amico nostro, sì che ei credesse che di tali deviazioni fusse alcuna cagione essenziale e ferma, ma continuò di credere che tutta l’apparente alterazione derivasse da quelle accidentarie mutazioni; in quella guisa appunto che accaderebbe a chi da lontane regioni osservasse il moto delle nostre nugole, le quali si scorgerebbero muoversi di moto velocissimo, grande e costante, portate dalla vertigine diurna della Terra (quando tal moto fusse suo) in ventiquattr’ore per cerchi paralleli all’equinoziale, ma però alterati in parte da i movimenti accidentarii cagionatigli da i venti, li quali verso diverse parti del mondo casualmente le spingono. Occorse in questo tempo che il signor Velsero gli mandò alcune lettere scritte da certo finto Apelle in materia di queste macchie, ricercandolo con instanza che gli volesse liberamente dire il suo parere sopra tali lettere, e di più significargli qual fusse l’opinion sua circa l’essenza di tali macchie: al che egli sodisfece con tre Lettere, mostrando prima quanto fussero vani i pensieri di Apelle, e scoprendogli secondariamente le proprie opinioni, con predirgli appresso che assolutamente Apelle, consigliatosi meglio col tempo, era per venire nella sua opinione, sì come poi seguì. E perchè parve al nostro Academico (sì come parve anco ad altri intelligenti delle cose della natura) d’avere investigato e dimostrato nelle dette tre Lettere se non quanto si poteva dalla curiosità umana desiderare e ricercare, almeno quanto si poteva per umani discorsi conseguire in cotal materia, intermesse per