Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/489

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giornata quarta. 481

al moto apparente del Sole e della Luna, di quello è stato osservato certa grande inegualità, per la quale in tempi assai differenti e’ passa li due mezi cerchi dell’eclittica, divisi da i punti de gli equinozii; nel passar l’uno de i quali egli consuma circa a nove giorni di più che [Il Sole passa una metà del zodiaco nove giorni più presto che l'altra.]nel passar l’altro, differenza, come vedete, molto grande e notabile. Ma se nel passare archi piccoli, quali sarebbono, per esempio, i 12 segni, e’ mantenga un moto regolarissimo, o pure proceda con passi or più veloci alquanto ed or più lenti, come è necessario che segua quando il movimento annuo sia solo in apparenza del Sole, ma in realtà della Terra accompagnata dalla Luna, ciò non è stato sin qui osservato, nè forse ricercato. [Moto della Luna ricercato principalmente in grazia de gli eclissi.]Della Luna poi, le cui restituzioni sono state investigate principalmente in grazia de gli eclissi, per i quali basta aver esatta cognizione del moto suo intorno alla Terra, non si è parimente con intera curiosità ricercato qual sia il suo progresso per gli archi particolari del zodiaco. Che dunque la Terra e la Luna nello scorrer per il zodiaco, cioè per la circonferenza dell’orbe magno, si accelerino alquanto ne’ novilunii e si ritardino ne’ plenilunii, non deve mettersi in dubbio perchè tal inegualità non si sia manifestata: il che per due ragioni è accaduto; prima, perchè non è stata ricercata; secondariamente poi, perchè ella può essere non molto grande. Né molto grande fa di bisogno che ella sia per produr l’effetto che si vede nell’alterazione delle grandezze de i flussi e reflussi, perchè non solamente tali alterazioni, [Flussi e reflussi son piccolissime cose, rispetto alla vastità de' mari ed alla velocità del moto del globo terrestre.]ma gli stessi flussi e reflussi, son piccola cosa rispetto alla grandezza de’ suggetti in cui si esercitano, ancor che rispetto a noi ed alla nostra piccolezza sembrino cose grandi. Imperocchè l’aggiugnere o scemare un grado di velocità dove ne sono naturalmente 700 o 1000, non si può chiamar grande alterazione nè in chi lo conferisce nè in chi lo riceve: l’acqua del mar nostro, portata dalla vertigine diurna, fa circa 700 miglia per ora (che è il moto comune alla Terra ed ad essa, e però impercettibile a noi); quello che nelle correnti ci si fa sensibile, non è di un miglio per ora (parlo nel mare aperto, e non ne gli stretti), e questo è quello che altera il movimento primo, naturale e magno: e tale alterazione è assai rispetto a noi ed a i navilii, perchè a un vassello che dalla forza de i remi ha di fare nell’acqua stagnante, verbigrazia, 3 miglia per ora, in quella tal corrente dall’averla in favore all’averla contro importerà il doppio del viaggio; differenza notabi-