Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/611

Da Wikisource.

di antonio rocco. 603

in questo luogo modestamente ributtarsi, il che (difendendo io ora Aristotile, che gli è in questo contrario, e lo chiama per ciò poco versato nelle cose naturali) non mi sarebbe disdicevole; overo, portando riverenza alla fama ed al valor di uomo sì grande, potrei dire che la sua posizione circa di questo avea altra intelligenza. Egli era chiamato divino, perchè, astratto nella speculazione delle cose divine, contemplava le cose naturali nel modo che in Dio gli parevano o le concepiva: e perciò pone prima fabricato il mondo ideale nella divina mente, il che è un esser cognito spiritale; dapoi, per linea retta, cioè con ordine divino e senza errore, abbia in effetto prodotti tutti i corpi che integrano l’universo, ne i luoghi proprii ove si trovano.

7. Quanto al servarsi l’ordine (che è la settima parte), vi ho detto già che egregiamente si serva, perchè non devono rimoversi i corpi da’ proprii luoghi, e nel moto che occorre non nasce confusione, ma è naturalezza.

8. Ed all’ottava, che sarebbono mobili in vano i corpi che devono moversi di moto retto, se mai si movessero, ho in questa parte risposto a bastanza nella soluzione alla prima instanza, ove anco cascava al proposito: aggiungo però ora, che non è il fine di tali corpi il mutar luogo, anzi che, in quello trovandosi stabili, dar integrità al mondo, concorrere poi con le loro qualità e virtù operative alle generazioni, corruzzioni ed all’altre naturali mutazioni che da essi dipen dono sotto il cielo.

Mentre dite che non si movono di moto retto, eccetto che per unirsi al suo tutto, non già per andar al suo luogo, e massime la Terra al centro, che è un punto imaginario, un niente, vi rispondo che sì come ciascuna parte del nostro corpo, avendo la sua totalità, aspira però primieramente alla conservazione del tutto ed all’ordine di esso, onde la mano e l’altre membra si lasciano ferire per difender la vita, non potendo altrimenti aiutarla; così appunto nell’universo le parti della Terra (e così si dica de gli altri corpi) hanno risguardo bene alla Terra tutta, con cui vogliono, potendo, esser unite, come il deto con la mano, ma più le importa l’ordine dell’universo, come totalmente tutto: e perciò al centro ogni parte della Terra si moverebbe, se bene ivi non fusse altra Terra, perchè quell’è il suo luogo assegnatole dalla natura e corrispondente all’ordine ed integrità totale del mondo.

Mentre dite che il centro è niente, senza virtù, imaginario, sia quel che volete: per esso si disegna un punto circa il quale deve ridursi la Terra col circondarlo, non coli’ esser contenuta da esso, e così sarà luogo suo naturale più che si avvicina a quel punto. Eccovene un essempio chiarissimo. Se in una accademia, o altrove, sia ad alcuno assegnato un luogo in mezo di una banca, ove, quasi con ordine continuato, anco de gli altri di qua e di là debbano sedere, si potrebbe ivi con misura geometrica giustamente segnar un punto in mezo, e io quello con verità chiamarsi luogo di quel tale, talché più che a quello si avvi-