Pagina:Le opere di Galileo Galilei VIII.djvu/308

Da Wikisource.

assai simili. E se voi date al peso della corda tanta possanza ed energia di poter contrastare e vincer qual si voglia immensa forza che la voglia distendere drittamente, perché vorrete negarla al peso della palla? Ma più voglio dirvi, recandovi insieme maraviglia e diletto, che la corda così tesa, e poco o molto tirata, si piega in linee, le quali assai si avvicinano alle paraboliche: e la similitudine è tanta, che se voi segnerete in una superficie piana ed eretta all’orizonte una linea parabolica, e tenendola inversa, cioè col vertice in giù e con la base parallela all’orizonte, facendo pendere una catenella sostenuta nelle estremità della base della segnata parabola, vedrete, allentando più o meno la detta catenuzza, incurvarsi e adattarsi alla medesima parabola, e tale adattamento tanto più esser preciso, quanto la segnata parabola sarà men curva, cioè più distesa; sì che nelle parabole descritte con elevazioni sotto a i gr. 45, la catenella camina quasi ad unguem sopra la parabola.

SAGR. Adunque con una tal catena sottilmente lavorata si potrebbero in un subito punteggiar molte linee paraboliche sopra una piana superficie.

SALV. Potrebbesi, ed ancora con qualche utilità non piccola, come appresso vi dirò.

SIMP. Ma prima che passar più avanti, vorrei pur io ancora restar assicurato almeno di quella proposizione della quale voi dite essercene dimostrazione necessariamente concludente; dico dell’esser impossibile, per qualunque immensa forza, fare star tesa una corda drittamente ed equidistante all’orizonte.

SAGR. Vedrò se mi sovviene della dimostrazione; per intelligenza della quale bisogna, Sig. Simplicio, che voi supponghiate per vero quello che in tutti gli strumenti mecanici, non solo con l’esperienza, ma con la dimostrazione ancora, si verifica: e questo è, che la velocità del movente, ben che di forza debole, può superare la resistenza, ben che grandissima, di un resistente che lentamente debba esser mosso, tutta volta che maggior proporzione abbia la velocità del movente alla tardità del resistente, che non ha la resistenza di quel che deve esser mosso alla forza del movente.

SIMP. Questo mi è notissimo, e dimostrato da Aristotele nelle sue Quistioni Mecaniche; e manifestamente si vede nella leva e nella stadera, dove il romano, che non pesi più di 4 libre, leverà un peso di 400,