Pagina:Le poesie di Catullo.djvu/105

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trad. da Mario Rapisardi 105


Eppur da giovinetta io ti sapea
     Magnanima! In oblio dunque ponesti
     39L’opra che nessun prode osato avea,

Onde ottenesti il regio sposo? Oh mesti
     Accenti di commiato al tuo consorte!
     42E quante volte, o Ciel, gli occhi tergesti!

Il dio che ti mutò dunque è sì forte?
     Dunque dal corpo dell’amato mai
     45Non vuol l’amante dipartir sua sorte?

Allor non senza un’ecatombe, il sai,
     A impetrar degli Dei che al dolce sposo
     48Dato fosse il ritorno, offerta m’hai.

Nè molto andò, che a te vittorioso
     Ritorno ei fè, poi che all’Egitto aggiunta
     51Ebbe l’Asia domata. Al luminoso

Coro degli astri io son per questo assunta,
     E sclolgo in novo officio un voto antico;
     54Ma dal tuo caro vertice disgiunta

Malgrado io fui, malgrado: pudico
     Capo, o regina, e te giuro, per cui
     57Chi giura invan condegno abbia il gastico.