Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/124

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PARTE 41

CANZONE IX.


N
E la stagion che ’l ciel rapido inchina

     Verso Occidente, e che ’l dì nostro vola
     A gente che di là forse l’aspetta;
     Veggendosi in lontan paese sola
     5La stanca vecchierella pellegrina
     Raddoppia i passi, e più e più s’affretta:
     E poi così soletta
     Al fin di sua giornata
     Talora è consolata
     10D’alcun breve riposo; ov’ella oblia
     La noja e ’l mal de la passata via.
     Ma lasso, ogni dolor che ’l dì m’adduce,
     Cresce, qualor s’invia
     Per partirsi da noi l’eterna luce.
15Come ’l sol volge le ’nfiammate rote,
     Per dar luogo a la notte; onde discende
     Dagli altissimi monti maggior l’ombra;
     L’avaro zappador l’arme riprende;
     E con parole e con alpestri note
     20Ogni gravezza del suo petto sgombra:
     E poi la mensa ingombra
     Di povere vivande,
     Simili a quelle ghiande,
     Le qua’ fuggendo tutto ’l mondo onora.
     25Ma chi vuol, si rallegri ad ora ad ora:
     Ch’i’ pur non ebbi ancor, non dirò lieta,
     Ma riposata un’ora,
     Nè per volger di ciel, nè di pianeta.
Quando vede ’l pastor calare i raggi
     30Del gran pianeta al nido ov’egli alberga;
     E ’mbrunir le contrade d’Oriente;
     Drizzasi in piedi, et con l’usata verga,
     Lassando l’erba, e le fontane e i faggi,