Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/22

Da Wikisource.

DEL PETRARCA XXIII

il Cardinale Colonna, e molti altri amici suoi erano morti. Per lo che la piacevolezza che soleva prendere della vista d'Avignone, e di quella valle cominciò ad essergli non grata, anzi noiosa, e dice egli:1 Quicquid dulce erat, uno naufragio amisimus: quodque sine suspirio dici nequit, virentissima olim Laurus mea vi repentinæ tempestatis exaruit, quæ una mihi non modo Sorgiam, sed Druentiam Ticino fecerat carsorem. Velum quo oculi mei obtegebantur, ablatum est.

Sopravvenne l'anno 1350. nel quale fu il gran Giubbileo a Roma; onde per devozione il Petrarca andò a Roma2, così caro al Signore Stefano Colonna, già vecchissimo, come se gli fosse stato figliuolo; e seco quel buon Signore si dolse della morte delli figliuoli, a' quali tutti era sopravvissuto, e dissegli che ciò avea molto innanzi previsto.

Indi partito fece la via d'Arezzo3, e fu in quella città onoratissimo da tutti, e gli mostrarono la casa dove era nato, dicendogli che per amor suo volevano che in quello stato si conservasse.

Ritornò in Avignone4, e, per quel che si vede, chiamato dal Papa; dolendosi in molti luoghi di quella stanza, e della sua occupazione.

Scrisse a Valchiusa i quattro libri d'Invettive contra5 il Medico, nel tempo che Innocenzio VI succedette a Clemente VI. che fu

del

  1. Nelle fam. Ep. 116.
  2. Nelle famil. Epist. 114.
  3. Nelle sen. lib. 12. Ep. 3.
  4. Nelle dopo famil. Ep. 10. c. 13.
  5. Nelle Invettive lib. 4. c. 4