Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/312

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Ch’era de l’anno et di mi’ etate aprile,
A coglier fiori in quei prati d’intorno,
15Sperando a li occhi suoi piacer sì addorno.
Muri eran d’alabastro, e ’l tetto d’oro,
D’avorio uscio, et fenestre di zaffiro,
Onde ’l primo sospiro
Mi giunse al cor, et giugnerà l’extremo:
20Inde i messi d’Amor armati usciro
Di saette et di foco, ond’io di loro,
Coronati d’alloro,
Pur come or fusse, ripensando tremo.
D’un bel diamante quadro, et mai non scemo,
25Vi si vedea nel mezzo un seggio altero
Ove, sola, sedea, la bella donna:
Dinanzi, una colonna
Cristallina, et iv’entro ogni pensero
Scritto, et for tralucea sì chiaramente,
30Che mi fea lieto, et sospirar sovente.
A le pungenti, ardenti et lucide arme,
A la vittorïosa insegna verde,
Contra cui in campo perde
Giove et Apollo et Poliphemo et Marte,
35Ov’è ’l pianto ognor fresco, et si rinverde,
Giunto mi vidi: et non possendo aitarme,
Preso lassai menarme
Ond’or non so d’uscir la via nè l’arte.
Ma sì com’uom talor che piange, et parte
40Vede cosa che li occhi e ’l cor alletta,
Così colei per ch’io son in pregione,
Standosi ad un balcone,
Che fu sola a’ suoi dì cosa perfetta,
Cominciai a mirar con tal desio
45Che me stesso e ’l mio mal posi in oblio.
I’ era in terra, e ’l cor in paradiso,
Dolcemente oblïando ogni altra cura,
Et mia viva figura